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Scrivere l’Azienda

È importante raccontare la propria attività. Soprattutto oggi, in internet non possiamo farne a meno.

Scrivere è il mio lavoro.

Scrivo per me e per aziende molto diverse tra loro: produttori di gioielleria, aziende agricole, produttori e rivenditori di mobili e oggetti di arredamento, concerie e aziende che lavorano il ferro e la plastica, Enti che offrono servizi…
Non mi pongo limiti settoriali.
Abbiamo tutti bisogno di creatività!
Racconto le aziende e la loro creatività.

Inviare NEWSLETTER come questa è uno dei modi più efficaci per farsi conoscere e per far capire cosa facciamo.
Qualche consiglio per raccontare bene la nostra azienda:

– Semplicità
La regola fondamentale è sempre quella: usare un linguaggio semplice e quanto più personale possibile.

– Senza banalità
Se vendiamo gioielli o vino o qualsiasi altra cosa, sará utile non parlare sempre e solo di quanto sono belli e buoni i nostri prodotti. L’oste dirá sempre che il suo vino è buono.
Diamo qualche consiglio mettendo a disposizione quello che sappiamo e che crediamo utile.
Manteniamo un tono leggero, spiritoso, se ne siamo capaci, evitando la sicumera del “so tutto mi”.

– Con che frequenza?
Non esiste una regola!
Se scriviamo cose interessanti, scritte bene e le inviamo al pubblico giusto, possiamo farci trovare nella posta anche due volte al giorno. Se inviamo scemenze presuntuose e scritte male anche una volta al mese sarà di troppo.

– La lunghezza dei testi.
Come sopra! Fatto salvo uno standard orientativo di 300 parole, se scrivo cose interessanti potró dilungarmi,  altrimenti  una riga sarà già troppo.

– Con personalità
Mettiamoci in gioco, tiriamo fuori la farina dal nostro sacco e mostriamo chi siamo e cosa pensiamo.

Genuinità e verità pagano sempre.

WWW.SITO.WOW

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Navigando in Internet a caso mi capita spesso di inciampare, anche senza StumbleUpon, in siti aziendali di ogni specie… abbaglianti, bellissimi, interessanti, brutti, noiosi, dalla grafica antidiluviana, labirintici, che mi chiedono di scaricare Flash, che mi aprono subito un bel pop–up e quelli che sempre più spesso si propongono di risolvere tutti i problemi della mia vita e avanzano il loro aiuto  con una certa aggressività, come se io potessi mai avere dei dubbi sull’efficacia immediata dei mezzi che mi offrono a fronte di una modica spesa.
Ma lasciamo perdere le divagazioni e torniamo ai siti che mi stupiscono.

Resto di stucco quando, navigando siti dalla grafica curata,  finisco a scorrere le news e scopro che la più recente risale al settembre del 2010. Mi informa che l’azienda sarà presente a una fiera internazionale di lì a quindici giorni. Appena sotto la news precedente mi dice che anche nel 2009 era successa la stessa cosa… 

Mi sorprendono i siti che preventivamente aprono una pagina di benvenuto con un’animazione fantastica e mi chiedono di scegliere la lingua che più mi aggrada tra le cinque o sei a disposizione. La cosa che mi sorprende di più è l’icona che prima di ogni altra cosa mi chiede di scaricare Flash Player per poter accedere alla splendida animazione di cui si parlava prima. Tutti i dispositivi Apple non vedono Flash perché tra le altre cose dicono… “Avere Flash Player installato è un invito ad entrare rivolto ai malviventi di tutto il mondo.”

Mi lasciano così… così… quei siti che al pulsante CHI SIAMO mi raccontano un sacco di cose tranne… CHI SIAMO.
Poi ci sono siti dai testi copia incolla, dai testi buttati lì, pieni di errori, dai testi che se non c’erano i testi era meglio. Internet e google in particolare amano le cose scritte in modo comprensibile e non copiaincollate.
Una parte del mio lavoro consiste nello scrivere per il web… se serve son qua!

Un sacco di aziende hanno siti realizzati agli albori di questo millennio, intendo molto prima del 2010. Se da una parte è un bel modo per dire – noi siamo stati i primi –  ora questi siti non danno un’immagine particolarmente innovativa dell’azienda e soprattutto non sono molto funzionali.
Rispetto a vent’anni fa realizzare un sito costa dieci volte di meno però guarderei ancora con sospetto a chi butta là offerte 3×1, sconti 70% o… incredibili TUTTO GRATIS. In genere davanti a queste cose mi vien sempre da chiedermi – dov’è il trucco? – Poi mi capita di guardarci dentro e capisco.

RACCONTARE LA VERITÁ e VENDERE

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L’altro giorno discutevo con un cliente dei vantaggi di raccontare il suo lavoro mettendo in luce anche i lati meno appariscenti della sua attività.  Mettiti in gioco –  gli dicevo  –  parla di te, di come sei arrivato a fare questo lavoro, delle persone che ti circondano e che formano la rete di relazioni della tua azienda.
Parla della magia, dell’emozione di veder nascere le tue creazioni mettendo insieme la forza della natura e le competenze di così  tante persone.
Lui mi guardava, annuiva, approvava, ne parlavamo da un sacco di tempo, ma era percepibile in modo quasi fisico la sua ritrosia a mettere in piazza l’anima della sua azienda, la sua anima.
Per raccontarsi, fare storytelling, occorre mettere in gioco una quantità di energie infinitamente più grande di quello che occorreva per fare la cara vecchia pubblicità. Che non è morta eh!  Può servire ancora sparare uno slogan, mettere una bella foto e comprare un po’ di spazi dove pubblicarli, ma non basta più. In fin dei conti non è mai bastato. Quelli come me che si ricordano di Carosello hanno ben presente di cosa voglia dire raccontare una storia, far nascere un’emozione, far ridere e far piangere.
Raccontare del proprio lavoro, i progetti, la ricerca, i materiali, la produzione, le litigate, l’amore… che stanno dietro a una sedia, un gioiello, una bottiglia di vino… può essere fatto in migliaia di modi diversi. Mettendoci la faccia e parlando dei propri sogni, della propria famiglia, dei calli sulle mani, oppure inventando un simpatico personaggio protagonista di episodi illuminanti. Oppure tutte e due le cose messe insieme. Facendo parlare il nostro prodotto più loquace, oppure…
Quante scelte da fare!
Quasi, quasi mi ritrovo a raccontare delle cose che mi tocca scegliere ogni minuto, le parole, i materiali, i colori, le forme, il tono. Scegliere la carta e quel font, scegliere la foto, tagliarla, impaginarla, provare, fare un modellino, discutere e ridiscutere… buttare via tutto e mandare tutti a quel paese per ricominciare a scegliere.

Raccontarsi serve ad avvicinarci al nostro pubblico, ai nostri clienti, a far cadere le barriere, a far crescere la fiducia, a rendere duraturi i rapporti. Serve a mostrare i nostri prodotti attraverso il velo magico delle emozioni, serve a vestirli della nostra creatività, della nostra fatica, del nostro cuore… e serve a venderli.

Raccontiamo la verità! Vestiamola come vogliamo ma che sia la verità.
Al tempo del web, di Facebook, di Instagram, dei blog e delle newsletter c’è una sola cosa capace di distruggere tutti i nostri racconti e di trasformare lo storytelling in un boomerang, quella falsità che si percepisce immediatamente così  fastidiosa com’è… come una manciata di sabbia nelle mutande.

IL VUOTO DA NON PERDERE

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Il vuoto, lo spazio dilatato, è segno di importanza!

Sto impaginando un giornale aziendale. Ho scelto un formato quadrato, grande, da piegare in quattro. Non è la prima volta che uso questo formato ma adesso voglio lasciare vuoto almeno metá dello spazio che ho a disposizione in modo che le immagini e i testi occupino le pagine come personaggi su di un palcoscenico.

Tante pagine, quattro volte più grandi di un A4, e un sacco di spazio.

Un paragrafo viene evidenziato dalle righe vuote che lo incorniciano, la pagina bianca mette in risalto l’inizio di un nuovo capitolo. Più grande è il vuoto più i segni grafici sono forti e pieni pathos. Una foto isolata a cui giustapporre un blocco di testo giustificato a sinistra e nient’altro.

Lo spazio vuoto dà importanza a tutto.
ECCO DIECI VUOTI DA NON PERDERE:

– IL VUOTO IN VETRINA
L’esposizione in qualsiasi ambiente e per soddisfare qualsiasi richiesta necessita di superfici omogenee, di spazi dilatati, di oggetti isolati.

– IL VUOTO NEL DEPLIANT
La grafica del nostro depliant deve avere spazi vuoti, pagine bianche, grandi immagini isolate.
Ciò che mostriamo e vogliamo comunicare è importante e merita di non soffocare.

– IL VUOTO NELLE IMMAGINI
I nostri prodotti e la nostra azienda devono avere tutto lo spazio che meritano nelle immagini con cui comunichiamo. Scegliamo sfondi omogenei ed evitiamo come la peste i sovraffollamenti.

– IL VUOTO DA ABITARE
Se ne abbiamo la possibilità scandiamo con vuoti gli spazi che abitiamo, la casa e i luoghi del lavoro.

– IL VUOTO COME SILENZIO
Il silenzio è il vuoto per eccellenza, infatti nel vuoto non si propaga nessun rumore.
Togliamo le musiche di sottofondo che non hanno motivo d’essere e immaginiamo la forza del silenzio.

– IL VUOTO DELLA FORMA
Disegnare un oggetto significa trovare un equilibrio di forme. Tutto ciò è assenza più che moltiplicazioni di segni.
Isoliamo la curva sinuosa che abbiamo disegnato per lo schienale della sedia, per il manico del bricco o per l’elemento clou della nostra ultima collezione di gioielli.

– IL VUOTO COME ESSENZA
Il nostro logo dovrà parlare di noi alla prima occhiata.
Liberiamolo da tutto ciò che non serve.

– IL VUOTO COME ASSENZA
L’assenza di sovrastrutture, di coperture, di mascherature… il vuoto come assenza del superfluo.

– IL VUOTO NEL WEB
Abbiamo paura che la home page del nostro sito sia troppo vuota?
Proviamo invece a pensarla quasi vuota davvero.
In mezzo al surplus di immagini e parole che inondano tutti forse sarebbe più visibile e utile.

– IL VUOTO COME BUIO
Un negozio buio? Emozionante e difficile!
Il buio dovrebbe essere usato così come dovremmo usare la luce. Con attenzione e consapevolezza.

Il buio, la luce, il vuoto e il pieno, la rarefazione e l’affollamento, il silenzio e il rumore o la musica… sono tutti elementi indispensabili per progettare gli spazi e gli oggetti e per presentare e comunicare le idee e i prodotti.
Dobbiamo ricordarci di usarli e imparare a calibrarli.

ATTENZIONE!
Prima di fare il silenzio e il vuoto, prima di creare spazio intorno a qualcosa, assicuriamoci che quella sia esattamente la cosa che vogliamo comunicare e far vedere. Accertiamoci che meriti davvero tutta questa attenzione e vestiamola come si deve.

FOTOGRAFIE PER IL WEB

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Come devono essere le fotografie del nostro sito?
Certamente belle! Devono essere nostre o quanto meno dovremo averne acquistato i diritti e poi devono essere leggere da caricare.
L’ideale è scattarle personalmente o farle fare da un fotografo di nostra fiducia.
Per quanto riguarda il peso dell’immagine da caricare ricordiamoci di  non superare i 200/300 kb.
Ottimizziamo le nostre immagini per il web con l’apposita funzione di Photoshop.
Usiamo i formati più idonei. JPEG per le semplici immagini, GIF per le animazioni e PNG se all’immagine avremo sovrapposto delle scritte.

Fatto questo, cioè fatte delle belle immagini, leggere e nel formato più idoneo dovremo accertarci che siano in linea con la grafica e l’immagine del nostro sito in modo tale che questo rispecchi l’identità della nostra attività.

Ovviamente a questo avremmo dovuto pensarci prima.
Portate pazienza!

Esempio semplice, sito black and white.. Molto elegante se manterremo l’intera gamma dei grigi, che diventerà sempre più aggressivo man mano che tenderemo alla monocromia, alla grafica assoluta del bianco e del nero.
Una scelta che prima o poi tenta tutti. Facciamo attenzione che fondare la propria immagine aziendale sul bianco e nero potrà essere difficile da mantenere nel lungo periodo. Chiediamoci allora se un futuro cambiamento radicale non disorienterà i nostri clienti.

Oltre alla scelta estrema e un po’ banale del bianco e nero, possono esserci altre infinite  strade per dare identità al nostro sito scegliendo un certo tipo di mood per le immagini.
Qualche esempio.

Virare leggermente la tonalità complessiva dell’immagine, dal  seppia integrale così vintage a dominanti azzurre,  viola, gialle rosse, che senza stravolgere le fotografie le caratterizzino leggermente. Guardate le immagini di Tiffany tutte leggermente dominate dall’azzurro–acqua.

Saturare i colori. Anche qui possiamo intervenire  calcando la mano ai limiti della pop–art o rendendo solo leggermente più intense le tonalità naturali.

Ovviamente un’altra strada è quella di fare esattamente il contrario: desaturare. Rendere le immagini leggermente scariche o arrivare quasi al bianco e nero con tonalità di colore pallidissime.
Agire sui colori in modo sistematico non è l’unica strada per dare identità al nostro sito e alla nostra azienda.
Il formato, l’inquadratura, il taglio delle nostre fotografie sono strumenti altrettanto efficaci.
Formati quadrati, così utili e di moda (Instagram docet) ultra –verticali (sconsigliati per via dello scroll) o super–orizzontali (molto più graditi) potranno rendere molto particolare l’esperienza visiva  al visitatore del nostro sito. A questo potremo aggiungere inquadrature deformate dai grandangoli sui primissimi piani, sfocature controllate, inquadrature ruotate, effetti di movimento…

Insomma abbiamo una gamma infinita di strumenti per usare in modo personale le immagini e rendere se non unico almeno molto riconoscibile il nostro sito.

Se decidiamo di scegliere la strada dell’effetto esagerato, non spaventiamoci, potrebbe essere quella giusta, pensiamo soltanto se siamo in grado di mantenere la stessa rotta almeno per un po’.

Realizziamo insieme le fotografie che comunicano il nostro lavoro.

CONTATTAMI

IL WEB CHE CI SERVE

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Stamattina ho la fissa del web, di quello che serve alle aziende per comunicare in internet.
Una fissazione che cresce da un sacco di tempo, da quando ho visto fiorire dappertutto pubblicazioni specialistiche contrassegnate da una cifra: 3.0 – TRE PUNTO ZERO
Cos’è il Web 3.0? Esattamente non lo so, non so neanche con certezza se esista!
Ero lì che mi trastullavo con l’illusione di essere un sacco avanti, io che in qualche modo so qualcosa di web 2.0, quello dei social per intenderci, delle condivisioni, della viralità, degli hashtag, di Facebook e Youtube, dei blog, di google e compagnia bella…
Ecco che quelli bravi, quelli che sanno tutto di tutto… track!!! Mi sbattono sotto il naso questa storia del web 3.0, una cosa che loro ne parlano già dal 2006… roba di big data, di web semantico… e finiamola lì che ho già mal di testa.
Se vi siete incuriositi fatevi una bella gugglata e andate ad annusare cos’è  ‘sto web 3.0.
Ritorno alla mia fissazione… nemmeno si sa se esista o non esista (il web 3.0) e si scrivono libri, si fanno conferenze e io che giro le aziende piccolissime, piccole e medie, le famose PMI, (che sono piccole sì ma non sono le PM10, le polveri sottili), trovo un sacco di siti di imprese con splendide welcome, con le news aggiornate all’ultima fiera del 2009 (sic!),  siti realizzati in Flash, che frega niente cosa sia, purchè sia chiaro a tutti che sull’ipad non si vede, per dire.
Allora 3.0 o 2.0 dovrebbe importarci poco. Dovremmo preoccuparci invece del divario enorme che si sta creando tra tecnologia, strumenti, capacità di operare e diffusione delle conoscenze di base.
Esistono ancora tantissime aziende, spesso non piccolissime che stanno decidendo in questi giorni di sbarcare in Internet per la prima volta. Tra queste ed anche tra quelle che ci stanno da un pezzo, non sono poche quelle che hanno una visione contorta e annebbiata delle differenze che passano tra sito istituzionale, blog, pagina Facebook, e di cosa caspita serva avere una presenza sui principali Social della rete.
Conoscenze semplici, terra terra, per avere chiaro quello che serve a cosa.

Proverò a dire poche cose semplici, magari banalizzando, non mi importa, credo che quello che conta sia ristabilire una nuova base di partenza, un livello di conoscenze diffuso più vicino alla realtà.

La cosa più importante oggi è che il sito istituzionale, il blog o l’applicazione funzioni decentemente su tutti i nostri dispositivi, sul computer di casa, sul portatile, sul tablet che abbiamo in borsa e sullo smartphone che usiamo ormai per tutto. In una parola è importante che la nostra presenza sul web sia “responsive” ovvero risponda sempre, con qualsiasi strumento vi si acceda.
Questa cosa di dover essere responsive a tutti i costi è un po’ una fregatura, i siti hanno finito per assomigliarsi tutti visto che i layout gira che ti rigira sono sempre quelli. Questo aprirebbe un discorso importante sui contenuti, i testi e le immagini, ma ne ho già parlato e ne parlerò ancora.

Una presenza articolata sul web oggi dovrebbe prevedere almeno un sito istituzionale e  un blog o almeno uno dei due e l’interazione sui social più utili alla tipologia dell’attività.

Il sito istituzionale oggi è l’HUB, l’aeroporto dove tutti arrivano e partono.
Mostra le insegne, il logo, le persone, dice dov’è e com’è la nostra attività.
Il Blog qualche volta può sostituire il sito istituzionale, ma ha una funzione diversa, è il giornale di bordo, serve a condividere la vita quotidiana dell’azienda, i progetti ancor prima che si concretizzino, le idee, i valori.
La rete dei Social connette la gente alla vita dell’azienda e l’azienda alla vita del suo mondo.
Esistono social per tutti i gusti e tutte le necessità, per condividere le proprie immagini con brevi commenti (Instagram), per condividere tutte le immagini che ci piacciono, le nostre e tutte quelle che troviamo sul web (Pinterest), per esprimere brevi pensieri accompagnandoli magari da un’immagine, una sorta di microblog in soli 140 caratteri (Twitter), per pubblicare i nostri video a scopo ricreativo, divulgativo o didattico (Youtube), per presentarci e interagire col mondo professionale e delle imprese (LinkedIn), ed infine  Facebook e Google+ dove la vita scorre di condivisione in condivisione con tutte le sue sfaccettature. Una rete fatta anche da un’infinità di altre modalità di interazione, Foursquare  basato sulla geolocalizzazione e quindi adatto al turismo per esempio, e poi ancora, e ancora…
Se siete lì che state pensando a cosa potrebbe mai servirvi questo o quell’altro, quale vi si addice di più… ecc… direi che siamo sulla buona strada.
Questo lungo post forse ha fatto un po’ di chiarezza, ma soprattutto spero abbia fatto nascere tante altre domande…
E l’Hosting? E cos’è WordPress? E quanto dovrebbe costare un sito web? E come dovrei usare i social per promuovere la mia attività? E l’e–commerce? E la landing page? E l’inbound marketing? E l’email marketing? E come dovrebbero essere i testi? E le foto? E…? E…? E…?

Serve ancora qualche risposta?

 

Contenuti di qualità

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In internet la differenza la fanno i contenuti di qualitá!
Nel web design ci dibattiamo ancora tutti i giorni tra la voglia di stupire e la necessitá di standard generalmente condivisi. Creare siti in internet veramente innovativi è sempre più difficile sia per l’obbligo di creare interfacce sempre più “responsive” cioè che soddisfino la leggibilitá su strumenti molto diversi, workstation, portabili, tablet, smartphone, sia purtroppo per l’ottusitá di tanti tecnici assolutamente refrattari a confrontarsi e a condividere i progetti mettendo a disposizione le loro conoscenze.
Inutile soffermarci su diatribe sterili visto che poi ciò che fa la differenza nel web come dappertutto sono i contenuti di qualitá.
Immagini e video bellissimi che si caricano velocemente, possibilmente utilizzati con cura, e poi testi scritti decentemente, facili da leggere, lunghi il giusto.
Se per le immagini si sta diffondendo velocemente un certo gusto, merito di istagram e pinterest, per i testi spesso siamo a livelli da prima elementare!!!
Stendiamo un velo pietoso su errori di grammatica che voglio imputare tutti alla distrazione, alla velocitá di battitura, alla fretta di pubblicare ( comprensibile sui social, meno sulle pagine istituzionali) ma i contenuti accidenti!
Paroloni incomprensibili per esprimere concetti semplicissimi, titoli che promettono quello che poi i testi disattendono, tiritere ripetute mille volte su tutte le pagine – about –  l’azienda – chi siamo (dove quasi nessuno si presenta) – cosa facciamo –  la nostra filosofia (filosofia?!).
Testi di due righe, buttati lá, tanto in internet non legge nessuno, oppure paragrafi e paragrafi copiaincollati da chissá dove.
In mezzo a tanta mediocritá chi lavora bene balza agli occhi!
Chi si prende la briga di usare un po’ di attenzione, di fare creativitá senza scopiazzare di qua e di lá, chi cura il taglio delle immagini e pensa a montaggi video non banali.

Chi pubblica contenuti di qualità con costanza alla fine vedrà premiato il suo lavoro.

 

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