Mai come in questi anni l’imperfezione è stata assunta come parametro di bellezza.
Certo possiamo ancora riferirci al termine imperfezione con la sua accezione più banale di difetto, di scarsa qualità.
In questi nostri tempi invece “l’imperfezione” è diventata sinonimo di fattura manuale, di artigianalità, di materie naturali, di diversità… e quindi di grande qualità.
E’ l’imperfezione che aggiunge valore alle nostre realizzazioni con i segni degli strumenti del lavoro, il disegno delle fibre, la texture delle superfici.
L’imperfezione distingue l’azione dell’uomo dal prodotto delle macchine.
Nell’artigianato questo è evidente, tanto che i manufatti artigianali mostrano orgogliosamente i segni che differenziano un pezzo dall’altro quasi fossero opere d’arte.
L’artigianato più raffinato mette in evidenza i difetti delle materie prime naturali, i segni caratteristici di una qualità non riproducibile su larga scala.
Una bellezza per definizione fuori dagli schemi stantii della riproduzione meccanica, dell’omologazione, degli standard destinati a soddisfare il gusto appiattito delle masse .
Ecco allora legni grezzi , pellami segnati dalle cicatrici, pietre dalle inclusioni inaspettate, tessuti ritmati da trame irregolari, metalli che si vantano delle ossidazioni, ceramiche, argenti e vetri che portano impressa la sapienza delle mani.
Oggetti preziosi che il tempo e l’uso renderà ancora più belli ed eleganti.
Una nuova sensibilità alla bellezza della verità.
Una filosofia di vita che ci investe di una sensibilità nuova.
La capacità di apprezzare la luce degli occhi messi in risalto dall’ordito delle rughe e le forme imperfette di corpi con una storia unica.
Finalmente, uomini o donne, sappiamo sempre più apprezzarci per ciò che siamo fuggendo le sirene siliconate dell’eterna giovinezza, tanto più dopo aver incontrato le mostruosità che certe assurde voglie producono.
Perfino la fotografia ora sta in bilico tra il farsi vanto di tutte le distorsioni possibili, pensiamo a tutti i filtri pacioccosi di Instagram, e la possibilità di immagini così perfette da dare proprio per questo il senso della massima imperfezione: il fotografo artigiano delle luci, della messa in scena e di Photoshop.
La fotografia ha perso la funzione seriosa di tramandarci ai posteri ed è diventata un giocattolo divertente dove fare le boccacce e il nostro block notes per appunti volanti. Della perfezione non ci interessa più nulla.
Immagini mosse e volutamente slavate o dai colori improbabili. Rigature, effetti strani, sfocature e vignettature…
Teniamo in mano tutto il giorno il nostro telefonino ipertecnologico, il tablet e a poco a poco stiamo sostituendo i libri con i nostri ebook reader effetto inchiostro ma poi cerchiamo l’odore della carta ingiallita, il segno morbido della matita che appunta i pensieri a bordo pagina.
Inutile cercare giustificazioni, i nostri sensi persi nel deserto della perfezione delle macchine ci chiedono superfici vissute da toccare, immagini dense di segni da guardare, suoni rauchi carichi di emozioni da sentire, cibi dai sapori ogni volta nuovi che sappiano della terra da cui sono venuti.
I segni spesso impercettibili dell’imperfezione rendono la nostra esperienza quotidiana assolutamente personale.
L’imperfezione è bellezza!