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La luce per esporre

Mostrare significa illuminare, esporre con la luce.
Non c’è vetrina, stand, esposizione senza luce. Persino la sua assenza, il buio, è una scelta di illuminazione che esalta fortemente ogni altra percezione sensoriale offuscata, per così dire, dalla vista.

Esporre, mostrare gioielli, vestiti, arredi, automobili, frutta fresca, bottiglie di vino o opere d’arte significa sempre scegliere una luce tra le infinite a disposizione. Dalla candela al laser passando attraverso tutte le modulazioni d’intensità, di colore, di geometria.

Luci puntiformi che separano, evidenziano e rigano le superfici.

Lame luminose omogenee e persistenti che lavano le pareti.

Grandi e piccoli proiettori dai fasci conici e dai contorni definiti o dalla decadenza morbida e quasi impercettibile.

Luci taglienti dai contrasti decisi e luci morbide per un’infinita gradazione di grigi.

Specchi che riflettono, deformano e disegnano la luce sagomandola.

Proiezioni di immagini che illuminano e raccontano. Luci per guardare e da guardare.

Luci statiche e luci in movimento che attirano l’attenzione, mostrano e nascondono.

Mettere in vetrina un oggetto è come preparare la scena per uno scatto fotografico, come girare la scena di un film. Dobbiamo compiere tre scelte, individuare il punto di vista, disporre gli oggetti, illuminare la scena per ottenere l’effetto che vogliamo.

A quale risultato miriamo?
Questa è la prima domanda che dovremmo porci e la risposta non dovrebbe mai essere scontata.

Chi l’ha detto che l’unico obiettivo debba essere quello di mostrare l’oggetto nel modo più nitido e preciso possibile?
Perché invece non emozionare lo spettatore con subdole velature e illuminanti nascondimenti?

Mostrare è un gioco in cui coinvolgere il pubblico, catturare l’attenzione, parlare al suo cuore e alla sua testa. Esporre con la luce significa guidare lo sguardo, creare emozioni, illuminare la mente.

Luce assassina, l’impari lotta dei lumen

Non c’è luce che tenga senza un po’ di buio.
Riflessione tornata su come un boccone mal digerito due giorni fa durante la solita visita di gennaio a VicenzaOro. Stessa atmosfera degli ultimi trent’anni. Lusso vero, lusso finto, paccottiglia… Stand buoni per mostrare i muscoli, spazi per lavorare, luci perfette da diamanti, flash da criminali, belle ragazze di coscia lunga sparse ovunque, grisaglie e scarpe da ginnastica.
Emozioni meno di zero.
Tutto a posto, solito casino organizzato, altezze da regolamento, falso legno, falsa pelle, falsa pietra mescolati a legni, pelle e pietre veri, assolutamente uguali. Senso di piattezza democratica. Soldi e fantasia che ovunque si ignorano. I primi ogni tanto fanno capolino da grandi lastre di cristallo, la seconda, non pervenuta, si dice vaghi per esposizioni orientali a cui nessuno è stato invitato.
Videowall grandi e inutili passano inosservati più delle bellezze da corridoio. Grandi insegne luminose mostrano impietose i bordi neri e oro.
Il buio non è mai buio e la luce è dappertutto, una luce da corridoio di ospedale, da mensa.
È la luce che ci frega!
Tutti gli espositori ci mettono dell’impegno a non inventare niente ma la luce che piove dappertutto ammazzerebbe comunque ogni velleità appiattendo tutto. Anche se usassimo spade laser e ingaggiassimo il dio degli effetti speciali dovremmo arrenderci a questa pioggia insensata di lumen.
Ci sarà di sicuro qualche buon motivo. La sicurezza, che ne so, i regolamenti non sono mai stati il mio forte. Anni fa avevo provato a far abbassare l’intensità luminosa in un corridoio di quelli che allora si consideravano prestigiosi per riuscire a rendere leggibile una videoproiezione di 12 metri per 3. Fu tutto inutile.
Non diamoci per vinti. Proviamo ad inventare lo stesso qualche piccola magia. Inventiamo il nostro buio per disegnare le nostre luci.

IL PROGETTO DELL’IDENTITÁ

Il-progetto-dell'identità
Ieri ho pubblicato la  frase che mario nanni (con le iniziali minuscole come piace a lui), il progettista, l’inventore di Viabizzuno, l’importante azienda di sistemi di illuminazione, ha posto all’inizio del mattone bianco che è il catalogo delle sue lampade.
È un bellissimo oggetto. Mi è capitato in mano e ha acceso una lampadina da qualche parte nella mia testa.
Non per la frase in sé:
– I progetti rendono gli oggetti eterni, le mode li corrompono, gli imbecilli li copiano e li vendono agli ignoranti e ai deficienti. –
La denuncia del furto come regola, di un processo che abbandona ogni consapevolezza e diventa biecamente commerciale.
Per l’uso forte, chiaro delle parole.
Per l’identità inequivocabile che trasmette.
Mi piace Viabizzuno e tutto quello che è, che fa mario nanni.
È come un segno nero sottile su una parete.
Ho scoperto la magia della luce il giorno che l’ho vista entrare di traverso da una piccola finestra in una stanza bianca. Quando ho iniziato a fare le prime foto, ai tempi della scuola, tanti anni fa.
Volevo solo dirvelo.
Ci scegliamo perché ci piacciono le stesse cose.
Lo stesso spirito con cui fare le cose, anche quelle più diverse.

PIU’ LUCE

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Mehr licht! – Più luce! – sembra siano state le ultime, famosissime parole di Goethe.

Piú luce! Piú luce! Piú luce! Sembrano chiedere tutti gli imprenditori davanti all’allestimento della vetrina con le loro ultime creazioni. 
Da una parte l’affannoso tentativo di un vecchio morente  di trattenere la vita, dall’altra il desiderio perentorio di inondare di vita i propri prodotti.
Luce = vita 
Buio = morte
Questi paralleli ovvi non sono sempre cosí automatici.
Se ti sparo 2000 watt in faccia non vedrai piú niente.
Se illuminiamo il nostro negozio o il nostro stand in fiera con una presenza omogenea di luci alte appiattiremo tutto e a parte effetti… “paradiso” renderemo poco visibili e appetibili le nostre cose.
Forse sarà meglio usare la luce fioca di una candela!

Certo è che la luce è la protagonista di ogni progetto espositivo e dovrebbe essere usata con cura.
Se ne dovrebbe calibrare l’intensitá, il colore, la forma e l’eventuale movimento.

L’intensitá dell’illuminazione sul focus espositivo varierá in relazione alla luce ambiente.

Cambieremo il colore caldo o freddo della sorgente luminosa a seconda dei materiali che vorremo illuminare.

Useremo la forma della luce per ottenere effetti scenografici: occhi di bue, lame, sfumature…  ed eventualmente la enfatizzeremo creando movimenti ripetitivi, dissolvenze, flash, onde…

Negli allestimenti fieristici la luce che troveremo nei padiglioni ci condizionerá parecchio.
Purtroppo i vari Enti Fiera lottano in precario equilibrio tra le richieste contrapposte degli espositori. Chi vuole il sole e chi la notte!

La luce non serve solo per mostrare nel miglior modo possibile le cose, le persone o gli spazi.
Anche perchè esistono mille migliori modi possibili! E quello che usano tutti, che tutti sono convinti sia il migliore è spesso così omologato, ovvio, piatto che anzichè mostrare nasconde.

Vale la pena giocarci la luce come gli altri elementi spaziali dell’esposizione.
Esagerando! Differenziandoci, provando ad usare un po’ di coraggio.

Per far vedere le nostre creazioni forse qualche volta pagherà di più giocare a nascondino. Velare anzichè svelare, abbagliare anzichè mostrare.
Stupire ed emozionare anzichè chiedere sempre come Goethe morente: – Più luce!  – 

CERCHIAMO INSIEME  LA LUCE GIUSTA  PER LA TUA ESPOSIZIONE
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