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Ho sbagliato tante volte

Se non mi prendo il rischio di sbagliare non mi emoziono.
Quando capita trovo sempre qualcosa di buono. Quando corro da solo in montagna o cammino in posti che credo di conoscere, solo se mi perdo scopro cose nuove, strade, boschi, ruderi che non ho mai visto. Quanto più mi allontano da casa ed esploro posti mai visti tanto più mi si chiude lo stomaco e percepisco un certo malessere, un senso di smarrimento.

Non devo andare chissà dove. Mi basta uscire dagli schemi.
Gironzolare nei labirinti inesplorati della mente. Provare ad usare suoni, colori, forme verso cui ho sempre nutrito una certa diffidenza.

Provare a mescolare cose che non avevo mai messo insieme.
È come preparare piatti con ingredienti mai assaggiati prima. La base sarà ancora un riso bollito, un trito di cipolla, una frittata, una crema… La solita linea curva, perfetta, un’ellisse sensuale, un quadrato, una spirale… Una pezza di cotone o di seta… Ma se poi ci metto altre cose… forme, sapori, colori, parole mai usate prima, ecco che comincio a divertirmi anche se mi vengono le vertigini e devo imparare in fretta a governare la barca.

Sbagliare tutto è solo questione di un attimo ma non è detto che il risultato sarà cattivo, magari mi stupirà e sarà bellissimo.
Mi piace trovare nuovi sentieri… mettere insieme sottili lastre d’alluminio intarsiate, sassi rotondi, neri, schegge di vetro viola dai contorni d’oro per comporre la trama di una porta, un anello, un vaso, il risvolto di una giacca…

Senza paura di sbagliare, perchè se fai quello che hai sempre fatto, otterrai quello che hai sempre ottenuto.

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Bisogna imparare a giocare

Giocare è una cosa seria.

Non solo per i bambini ai quali dovremmo dare tutto lo spazio, la libertà e gli stimoli perché possano inventarsi giochi fantastici, ma anche per gli adulti. Non dovremmo mai smettere di giocare. Se poi di mestiere tocca usare la creatività tutti i giorni meglio tenersi allenati. Ho avuto la fortuna di avere insegnanti fantastici, precursori di teorie pedagogiche innovative. Quando da adulto ho incontrato le carte che Buno Munari aveva tratto da “La morfologia della Fiaba” del linguista russo Propp, ho rivisto le mie interrogazioni alle medie in cui si giocava a carte con vassalli e regine rischiando brutti voti buttando là fanti a caso davanti a un Barbarossa.

Lo “schema della fiaba” di Propp
con le sue 31 funzioni, a saperlo usare con la necessaria spregiudicatezza permette di scrivere qualsiasi cosa, dal romanzo della vita al Company Profile, ma bisogna aver imparato a giocare, a non prendere tutto per oro colato, a capire quando si può barare, bluffare, andare a vedere e quando no.-Se hai voglia leggi “Grammatica della Fantasia” di Gianni Rodari e “Fantasia” di Bruno Munari, oppure direttamente “La morfologia della Fiaba” di Vladimir Propp.

Le carte con le 31 funzioni di Propp si trovano un po’ dappertutto in rete.

Le “Oblique Strategies” di Brian Eno e Peter Schmidt sono l’altro mazzo di carte che vengono in soccorso ad una creatività appannata

Acquistabili sul sito di Eno, ne ho trovate versioni on-line senza verificarne l’origine e ancora in formato cartaceo anche su Amazon.

Il gioco è semplice. Non sai che fare? Che strada prendere nel bel mezzo di un progetto creativo o davanti alla pagina bianca? Estrai una carta a caso o clicca sul pulsante dell’app e leggi. La frase può essere perentoria, tipo – ricomincia tutto daccapo – o sibillina, come – sempre i primi passi – in un caso e nell’altro cogli l’ispirazione e… gioca!

Per acquistare le carte originali – Oblique strategies –

nuova pasqua

nuovo giorno, nuova idea, nuovo spirito, nuovo corpo, nuova luce, nuovo sguardo, nuova ricerca, nuova sorpresa, nuova parola, nuova nascita, nuova strada, nuovo cliente, nuova storia, nuova forma, nuova linea, nuovo oggetto, nuova musica, nuova aria, nuovo progetto, nuovo materiale, nuova acqua, nuova casa, nuova città nuova voce, nuovo occhio, nuova mano, nuovo segno, nuova comunicazione, nuovo design, nuova fabbrica, nuova scuola, nuovo colore, nuovo pensiero, nuovo uomo, nuova immagine, nuovo mondo, nuova creatività, nuovo lavoro, nuovo tempo, nuova esposizione, nuovo logo, nuova corsa, nuova identità, nuovo stile, nuovo centro, nuovo contenitore, nuova mezzo, nuova azione, nuova arte, nuovo spazio, nuova dimensione, nuovo ordine, nuova simmetria, nuova natura, nuovo taglio, nuova rete, nuovo rito, nuova relazione, nuova ombra, nuova emozione, nuovo gioco, nuova foto, nuovo oggetto, nuova stagione…

È importante predisporsi continuamente al cambiamento.

Nuova Pasqua!

#nuovo #rigenerazione #innovazione #rinascita #cambiamento #novità #creatività #trasformazione #artdirection #brandstrategy

Bianco e Nero obbligatorio

Bella la Corporate Identity

giusto che tu sia rigoroso con la tua Grafica Istituzionale, ma ci sono occasioni in cui, per essere visibile, devi cambiare e aver a portata di mano soluzioni alternative.

Qualunque forma abbiano il tuo logo e la tua immagine aziendale è importante avere a disposizione le forme giuste per affrontare situazioni diverse.

Grandi insegne su edifici aziendali, cartelli stradali, apparizioni video, eventi, shopper…  Quando comunichi con chi ti guarda da lontano o quando hai pochi secondi per mostrarti, è necessario eliminare il superfuo e andare al sodo.

Tra tutte le opzioni creative a disposizione, portare tutto in bianco e nero, è quella indispensabile, da tenere sempre a portata di mano.

Qualsiasi siano i tratti e i valori distintivi della tua immagine aziendale sarà sempre possibile tradurli in bianco e nero.

Spesso non si può fare altrimenti.

Anche Pantone quando è necessario lo fa.

Predisponi il tuo logo e tutti i materiali necessari per comunicare anche in bianco e nero.

In modo semplice, chiaro, leggibile… originale e bello.

#biancoenero #black #white #blackandwhite #corporateidentity #identitàaziendale #visibilità #brandstrategy #artdirection #graphicdesign #packaging #exhibitiondesign

Un salone divino

Mille idee da degustare in poltrona

Come ogni anno, puntuali come le allergie d’inizio Aprile, VINITALY e SALONE DEL MOBILE sono lì a due settimane l’uno dall’altro. Perché non li uniamo in un mega evento da Milano a Verona? Una cosa da immergersi in degustazioni infinite e comodissime. Tracannare gocce di nettari afrodisiaci approfittando di divani, sedie, poltrone, chaise–long, cucine vintage o tecno… in un baillamme di luci e di colori ritrovandoci ubriachi fradici, non di vino che quello si assaggia e bon… ma di nuove forme, profumi, invenzioni… Fantastiliardi di immagini per un milione e mezzo di idee. Video intriganti, materiali mai visti, bottiglie invitanti nella cornice perfetta di stand… che magari avremmo voluto un po’ più funzionali e d’effetto, più luminosi o più bui, di certo più slanciati e con un certo effetto wow che non guasta…

Stand super aperti

Li odio, ma chissenefrega! Stand belli spampanati aperti al pubblico più inconcludente. Flotte di studenti in gita e sciure col metro in mano a caccia del tavolino giusto.

Abbattere le pareti e aprirsi a volte vuol dire mostrarsi mezzi nudi al pubblico. In fiera si va col vestito migliore.

Altezza mezza bellezza

Difficile da ottenere ‘sta benedetta verticalità visto che in genere le altezze massime consentite dai principali Enti fieristici non superano i tre metri e mezzo o giù di lì. Inventiamoci qualcosa visto che vale sempre il detto di mia nonna – Altezza, mezza bellezza!

Trasparenze sexi

Materiali semi trasparenti con cui giocare al vedo non vedo, da cui mostrarsi e nascondersi. Su cui far svettare le insegne del proprio marchio e attrarre tra le spire irresistibili del gioco della seduzione e della curiosità. Suadenti magie da usare solo in versione total look.

Suoni e profumi

Il silenzio è una magia e attrae come un fluido ma il flauto magico funziona sempre. Essenze profumate, ritmi sordi, poesie mai consumate dalla musica ci predispongono ad apprezzare il colore, il profumo e l’aroma del buon vino e le forme del design.

Domani è adesso

Lo slogan non sarà apprezzato da chi giustamente incita a godere del presente ma è proprio adesso, mentre siamo in fiera, mentre viviamo il nostro stand, che possiamo capirne pregi e difetti, fare tutte le valutazioni del caso e pensare a come modificarlo se necessario.

Qualsiasi cosa si faccia, lo stand comunica chi siamo. 

A volte basta spostare un tavolo, mettere più in vista il LOGO, applicare una grande stampa, cambiare una lampada, scegliere un’altra tonalità di colore… poi arriva il momento di rifare tutto.

Ci vediamo in Fiera!

La creatività è fare

La creatività è fare, disegnare, scrivere… correre.
Se si vuole realizzare qualcosa bisogna iniziare a farlo. Sembra scontato ma non lo è. Se voglio disegnare un tavolo devo prendere carta e matita e iniziare a disegnare. Se voglio scrivere un romanzo e molto più semplicemente un post sul mio blog devo iniziare a scrivere. Se voglio correre una maratona devo mettermi un paio di scarpe da corsa e uscire a correre. Subito! Adesso!

I progetti sono fatti anche di tante altre cose, di ricerche, di analisi, di riflessioni, di momenti di stasi. Benissimo, ma senza muovere i piedi non si va da nessuna parte.

È molto probabile che all’inizio sbaglierò, non sarò subito soddisfatto. Ma è su quei primi errori che costruirò tutto. Le prime righe di matita che tiro su un foglio servono solo a sporcare il foglio, a farmi capire che dentro la matita c’è qualcosa e che prima o poi verrà fuori se continuerò ad usarla. Se scrivo qualcosa è probabile che di lí a poco cancellerò, aggiungerò, cambierò qualcosa o tutto. Potrò farlo perché ho iniziato a scrivere. Potrò migliorare il mio disegno perché ho iniziato a tirar segni su un foglio. Potrò arrivare in fondo alla mia maratona perché stasera sono uscito sotto l’acqua a correre 7 stupidissimi chilometri alla velocità di un bradipo narcotizzato.

La creatività è fare. È molto più fare che perdersi in attese contemplative di improbabili epifanie. La creatività è allenamento tale e quale alla performance sportiva. Per questo, e per tante altre cose, penso che sport e creatività siano così simili, specialmente gli sport di resistenza, corsa, ciclismo, nuoto, sci di fondo… L’endurance sport aiuta a gestire l’ansia, svuota la mente, mette ordine, insegna a gestire il flusso dei pensieri.
Per questo tante volte chiudo il computer, metto giù la matita, i pennelli e…
Vado a correre!

Quello che ci frega sono le abitudini

Quello che ci frega sono le abitudini. La coazione a ripetere ci fa compiere azioni in modo del tutto inconsapevole, senza porci domande, senza ricordare i risultati di quelle azioni. 
Attenzione! L’errore non sta nella ripetizione ma nella consapevolezza. Se, fatte le debite considerazioni scelgo di ripetere va benissimo. Posso fare le stesse cose tutta la vita ed essere felice. Posso scegliere sempre lo stesso tratto, lo stesso colore, lo stesso font, la stessa forma… ed essere creativo. La trappola è non porsi la domanda – In quanti altri modi potrei fare quello che sto facendo? È giusto usare quel colore? È corretto che i margini del mio impaginato siano tutti uguali, come sempre? Le pareti hanno colori uniformi, senza segni, senza decori… è giusto? Scrivo con caratteri di dimensioni sempre uguali, va proprio sempre bene? Porsi le domande giuste ad ogni piè sospinto è una grandissima rottura di scatole ma aiuta molto, anzi è indispensabile se vogliamo che ci capiti ogni tanto di realizzare qualcosa di diverso, di emozionante, magari anche qualcosa di brutto… ma con la consapevolezza del perchè. Facendo il creativo di mestiere capita di innamorarsi di certe cose, di un’atmosfera, di un ritmo, di una luce, di certi colori, di forme che finisci per considerare tue, di un certo tipo di faccia, di materiali… è il risultato di tutte le ricerche e delle sperimentazioni che hai fatto, diventa tutto parte del tuo mondo e viene automatico dare tante cose per scontate.
Quello è il momento per saltare dalla finestra, metaforicamente parlando si intende. Rischiare la faccia, prendere strade mai percorse, magari cambiare soltanto la propria palette e scegliere  tonalità nuove. Nuovo è creativo.

Sanremo insegna. Trasgredire!

Trasgredire! Trasgredire! Trasgredire!Per essere visti, per farsi ricordare, per emergere dalla pappa grigia della quotidianità, specie se non si hanno capitali da investire in comunicazione in ogni dove, sembra tocchi andare contro corrente.
Ottimo! Ricetta semplice come piace a me.
Proviamo.
Faccio dell’ottimo vino italiano, vendo già ovunque alla faccia di quei rompicoglioni degli irlandesi e delle loro etichette salutiste del piffero, ma voglio diventare un brand internazionale.
Sponsorizzo il gay pride? Ci vogliono un sacco di soldi, l’evento non è in target… e scopro che non mi vogliono. Chissenefrega! Tanto ormai il Pride è come la festa della mamma. Vabbè! Allora al prossimo Vinitaly mi metto nudo con tutto il mio staff, moglie e figli compresi, slogan – al naturale come il mio vino. Non visitano il mio stand neanche quelli degli stand vicini. Mi intervista solo Telearena fregandosene di sfuocare là dove si dovrebbe.
Creo gioiellini in argento fatti bene, di design. Ho il mio piccolo mercato ma voglio farmi conoscere da tutti. Riempio i social per un mese, slogan – Per tutti! – e le foto brutte di una tipa brutta, ma proprio brutta. Perdo una ventina di clienti nel silenzio più totale. Tento di ucciderne uno (di cliente traditore) e mi becco solo un trafiletto nella cronaca locale dove mi prendono per il culo per la poca dimestichezza con Instagram più che per la poca mira. 

Produco e commercializzo poltrone e divani, niente a che fare con quelli là, roba più curata… ma vorrei che al Salone non succedesse come l’anno scorso e tutti chiedessero di noi. Regalo un tot di poltrone rococò magenta a pois bianchi a Vespa ma a parte il titolista, che ha sbagliato per ben 2 volte il nome del marchio nei titoli di coda, non se ne è accorto nessuno.

Morale?
Se non sei già famoso non hai niente da trasgredire.
E la trasgressione non può diventare la tua regola.

Al massimo puoi provarci, se giochi in una piccola area, o hai un prodotto di nicchia e conosci bene il tuo piccolo (grande) pubblico.

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Al mio amico Adolfo, capitava molto spesso di venire a un appuntamento, non so, con una ruota di Volkswagen sotto il braccio.
Era un ragazzo strano che amava molto stupire. Alle donne non regalava mai fiori, no, un chilo di pere, due etti di formaggio.
Un giorno sostituì il freno della macchina con un pedale di batteria, tum, morto. Sembrerà strano ma nessuno si è stupito.”
Il Coniglio – Giorgio Gaber 

Voglio uno spazio strano!

Mettere insieme la pagina di un giornale, di una rivista, di un depliant, disporre le pagine di un catalogo o gli oggetti sui piani di una vetrina, disegnare il percorso di uno showroom o la facciata di un edificio, di uno stand, sono tutti momenti compositivi. Saper comporre, è fondamentale per ottenere i risultati voluti sia nelle arti visive che in quelle musicali. Visto che a orecchio sto a zero, la natura si è sdebitata regalandomi un po’ d’occhio, il resto lo devo a tanti buoni maestri.
Comporre in uno spazio completamente vuoto, senza dimensioni precise… è un casino! Poter fare tutto quello che si vuole non è quasi mai un’opportunità. Davanti alla pagina bianca, almeno abbiamo il formato. Nel progettare uno stand le misure dell’area, le adiacenze e il regolamento dell’ente Fiera fanno già mezzo lavoro. Così tutti gli impicci che gravitano intorno ad ogni progetto. Inutile dire che più lo spazio è inconsueto, irregolare, balordo e meglio è… almeno per me. Ma credo sia così un po’ per tutti.
Pareti oblique, pagine bislunghe, soffitti bassi o altissimi, corridoi stretti e lunghi, vuoti improvvisi, vetrine piccolissime, pilastri messi a caso, stanze sbilenche… sono tutte occasioni per inventare composizioni interessanti, attraenti.
Giochi facili che capitano raramente.
Allora tocca inventarsi spazi magici dove far ballare le cose, con il loro peso, segnare un ritmo, togliere o aggiungere colori, mescolare materiali, segni, luci, ombre… trovare un qualche ordine.
Voglio uno spazio Strano!

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