fbpx

Articoli

Foto in bianco e nero

bianco-e-nero_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una turista giapponese si affaccia a una finestra della Pedrera  mentre telefona. Una foto così come tante, che desaturata acquista un certo fascino nelle tonalità dei grigi. Il bianco e nero esalta la composizione e le forme, cancella il tempo, riempie di significati anche le situazioni più banali, gli oggetti più insignificanti. Anche la foto più stupida in bianco e nero si trasforma e comunica messaggi inaspettati.

Cos’è successo? Com’è avvenuta la magia?
Semplice! Siamo usciti dalla realtà. L’immagine che stiamo guardando non è più la foto di una bella ragazza che guarda dalla finestra o di un panzone che legge il giornale sdraiato sulla sabbia. L’immagine in bianco e nero, ma anche quella dove i colori sono stati stravolti da una saturazione eccessiva o sono diventati pastelli polverosi, comunica il pensiero, l’emozione, l’intento creativo. La realtà per quanto bella sia è noiosa, la creatività emoziona sempre!

STILL LIFE un film sulla vita

still-life_634Il successo di una vita non si misura con quanta gente parteciperá al funerale. C’è sempre la possibilità di cambiare tutto.
Pensieri e che ci prendono alla fine di STILL LIFE, il poetico film di Uberto Pasolini vincitore del premio per la regia nella sezione Orizzonti a Venezia nel 2013.
Chi riuscisse ancora a vederlo nelle sale apprezzerá la maschera dell’impiegato meticoloso indossata da Eddie Marsan per interpretare l’addetto comunale alla sepoltura di chi muore in totale solitudine.
John May, il protagonista della storia, ricompone frammenti di vite ai bordi della società in immagini congelate,  STILL LIFE appunto, NATURE MORTE.
Come nella vita anche il film lascia al finale il condensarsi dei significati. Non capita spesso di vedere film che parlando della morte raccontino così bene la vita. Bellissimo film, per fortuna ci sono ancora sale che proiettano del buon cinema.

fotografie del fare fotografie

Questo letteralmente colora la nostra visione. In un certo senso è un’esperienza religiosa, come ogni turismo”. Ne derivò un altro silenzio. “Fanno fotografie del fare fotografie”, disse.

Fotografia tra arte passione e gioco.

C’è stato un periodo quando avevo 16, 17 anni in cui la fotografia era quasi tutto. Pellicola medio formato 6×6 o 6×9, tassativamente bianco e nero, bagno trasformato in camera oscura, pellicole e foto stese ad asciugare come biancheria fresca di bucato. Si sperimentavano i trucchi dei fotografi famosi, il flou che allora dilagava grazie a David Hamilton e ancor di più alle sue fanciulle in fiore… poi mi ero vergognato di un giochetto così commercialmente abusato e avevo trovato nei bianchi e neri perfetti di Mapplethorpe una nuova ispirazione e il riscatto creativo. Sognavo di possedere una irraggiungibile Hasselblad e di fotografare Lysa Lion.
Oggi che la fotografia, le immagini, sono un pezzo importante del mio lavoro ho un miliardo di certezze in meno e più voglia di sperimentare di allora. Ammiro tanti artisti ma nessuno mi affascina più come accadeva a metà degli anni settanta. Apprezzo la qualità infinita del grande formato ma trovo divertente e infinitamente creativa la possibilità di usare la macchina fotografica dello smartphone in qualsiasi momento, per un appunto, per raccontare una cosa su facebook o twitter, per raccogliere un’immagine, una luce che non rivedrò più. Trovo idiota la demonizzazione, da parte di tanti fighetti, della moltiplicazione popolare delle possibilità espressive. Spero si diffondano presto insieme alle sempre maggiori possibilità creative anche una maggiore cultura artistica e una nuova coscienza estetica per cambiare questo cesso di mondo!

Nell’immagine sopra – Robert Mapplethorpe, Ken Moody, 1983

www.mapplethorpe.org

Fotografia, gatti e smartphone

Da quando, grazie ai cellulari, fotografare è diventato un gesto comune come grattarsi, i nostri animali domestici… cani, gatti, pappagallini e pesci rossi, ma soprattutto i gatti,  sono diventati star internazionali. Grazie alla condivisione sulla rete i nostri fuffy e black hanno album fotografici molto più corposi di Angelina Jolie e Brad Pitt messi insieme. Potevo esimermi dal riservare a Perla un trattamento analogo a quello dei suoi competitors in rete? Certo che no! Purtroppo Perla non è una gatta molto social, preferisce decisamente grattarsi e della rete e delle mie foto non gliene frega niente. Se in casa c’è un accenno di festa e il numero dei convenuti eccede lo standard massimo sopportabile di cinque persone lei fa armi e bagagli e veleggia verso lidi meno affollati. Appena mi avvicino con aria furtiva per catturare un primo piano gli si drizza il pelo e cambia aria con la velocità… di un gatto appunto! Perciò avvilito, mi ritrovo con immagini sempre mosse o sfuocate o… mentre dorme, l’unico momento in cui posso tentare uno scatto senza vederla fuggire. Nella foto che pubblico in cui mi guarda irritata Perla non ha certo l’aria da vamp che esibiscono le sue colleghe a quattro zampe regine di istagram e di facebook!

Bello! Brutto! Simmetrico!

La simmetria è un concetto che ha a che fare con la geometria e con la matematica ma anche con l’estetica. Soprattutto nell’arte la simmetria è sempre stata sinonimo di bello. Una figura simmetrica è considerata esteticamente perfetta perché armoniosa e regolare. Questo particolare concetto di bello che si basa sulla simmetria è ancora vivo ai giorni nostri e ha radici lontane: la simmetria è infatti un fattore di selezione sessuale. Gli uomini sono istintivamente attratti dalle forme regolari piuttosto che da quelle asimmetriche. Addirittura c’è chi afferma che la regolarità fisica non sia semplicemente un fattore estetico ma anche un elemento indicativo della nostra salute (focus, marzo 2006). Ecco il mio autoritratto supersimmetrico qui sopra indurrebbe a dubitare dell’automatismo simmetrico–bello. Vi invito a non ironizzare sulle qualità estetiche del modello di partenza, anche i bellissimi non otterrebbero risultati apprezzabili dalla trasformazione perfettamente simmetrica dei loro faccioni!
Questo scherzo solo per introdurre una riflessione, il germe del dubbio sulla simmetria, sulla sua bellezza… e sulla sua bruttezza… e sui suoi aspetti “clinici” di cui tornerò a parlare presto.

Fare fotografie del fare fotografie

In “ TENNIS, TV TRIGONOMETRIA, TORNADO e altre cose divertenti che non farò mai più.” David F. Wallace  riporta un brano bellissimo tratto da “RUMORE BIANCO” uno dei capolavori di Don DeLillo.

“Diversi giorni dopo Murray mi chiese se sapevo qualcosa di un’attrazione turistica nota come il fienile più fotografato d’America. Guidammo per ventidue miglia nella campagna intorno a Farmington. C’erano prati e alberi di melo. Recinzioni bianche si srotolavano lungo i campi. Ben presto apparvero le prime insegne. IL FIENILE PIU’ FOTOGRAFATO D’AMERICA. Ne contammo cinque prima di arrivare sul posto… Camminammo per un sentierino fino alla collinetta che serviva ad ottenere una vista migliore. Tutti avevano macchine fotografiche; c’era qualcuno con treppiede, lenti speciali, filtri. Un uomo dentro un baracchino vendeva cartoline e diapositive del fienile, fotografato proprio da lì. Ci mettemmo vicino a un boschetto e guardammo i fotografi. Murray mantenne un silenzio prolungato, ogni tanto scribacchiava qualcosa su un taccuino. Alla fine disse: “Nessuno vede il fienile”. Seguì un lungo silenzio. “Una volta che hai visto le insegne per il fienile, diventa impossibile vedere il fienile”. Si ammutolì di nuovo. Persone con macchine fotografiche scendevano dalla collinetta, subito rimpiazzate da altri. “Non siamo qui per catturare un’immagine. Siamo qui per mantenerne una. Lo capisci, Jack? E’ un’accumulazione di energie senza nome”. Ci fu un altro lungo silenzio. L’uomo nel baracchino vendeva cartoline e diapositive. “Essere qui è una specie di resa spirituale. Vediamo solo ciò che vedono gli altri. Le migliaia che sono state qui nel passato, coloro che verranno in futuro. Abbiamo accettato di essere parte di una percezione collettiva. Questo letteralmente colora la nostra visione. In un certo senso è un’esperienza religiosa, come ogni turismo”. Ne derivò un altro silenzio. “Fanno fotografie del fare fotografie”, disse.”

E’ l’essenza del turismo!

Storie di un fotografo

Chiusa un mese fa la mostra alla Casa dei Tre Oci a Venezia, Le opere di Gianni Berengo Gardin si sono trasferite a palazzo Reale a Milano per la sua più importante rassegna “Storie di un fotografo” a cura di Denis Curti. Anche chi non lo conosce avrà visto mille volte le sue immagini in bianco e nero. I suoi scatti indagano una quotidianità mai banale, raccontano storie vere, la sua osservazione della realtà emoziona senza l’uso di effetti speciali. Da domani 14 giugno fino all’8 settembre.
www.mostraberengogardin.it

× Contattami