Mostrare significa illuminare, esporre con la luce.
Non c’è vetrina, stand, esposizione senza luce. Persino la sua assenza, il buio, è una scelta di illuminazione che esalta fortemente ogni altra percezione sensoriale offuscata, per così dire, dalla vista.
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Esporre, mostrare gioielli, vestiti, arredi, automobili, frutta fresca, bottiglie di vino o opere d’arte significa sempre scegliere una luce tra le infinite a disposizione. Dalla candela al laser passando attraverso tutte le modulazioni d’intensità, di colore, di geometria.
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Luci puntiformi che separano, evidenziano e rigano le superfici.
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Lame luminose omogenee e persistenti che lavano le pareti.
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Grandi e piccoli proiettori dai fasci conici e dai contorni definiti o dalla decadenza morbida e quasi impercettibile.
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Luci taglienti dai contrasti decisi e luci morbide per un’infinita gradazione di grigi.
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Specchi che riflettono, deformano e disegnano la luce sagomandola.
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Proiezioni di immagini che illuminano e raccontano. Luci per guardare e da guardare.
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Luci statiche e luci in movimento che attirano l’attenzione, mostrano e nascondono.
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Mettere in vetrina un oggetto è come preparare la scena per uno scatto fotografico, come girare la scena di un film. Dobbiamo compiere tre scelte, individuare il punto di vista, disporre gli oggetti, illuminare la scena per ottenere l’effetto che vogliamo.
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A quale risultato miriamo?
Questa è la prima domanda che dovremmo porci e la risposta non dovrebbe mai essere scontata.
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Chi l’ha detto che l’unico obiettivo debba essere quello di mostrare l’oggetto nel modo più nitido e preciso possibile?
Perché invece non emozionare lo spettatore con subdole velature e illuminanti nascondimenti?
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Mostrare è un gioco in cui coinvolgere il pubblico, catturare l’attenzione, parlare al suo cuore e alla sua testa. Esporre con la luce significa guidare lo sguardo, creare emozioni, illuminare la mente.