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ho fatto un sogno

Ho fatto un sogno…
Stanotte ho sognato un tavolo… nero, bianco o di rovere chiaro
Come ali che si piegano in volo
sottile e solido
un tavolo fatto di sei lastre tenute insieme solo dal loro peso
un grande tavolo da pranzo quadrato… lungo… stretto…  o rotondo
un tavolo da poter riporre in soli 5 cm di spessore
Un tavolo pesante e un tavolo leggero
Era solo un sogno di lavoro.
Del resto c’è chi fa cene di lavoro, meeting e viaggi di lavoro.
Io ho solo disegnato un tavolo in un sogno di lavoro.
Non è che volessi per forza fare un tavolo da sogno
Ma era un sogno, solo un sogno

Mi sono svegliato, ho tirato tre righe, fatto due conti e quasi,
quasi va a finire che i sogni si realizzano
A qualcuno interessa realizzare un sogno?!

I sogni li realizzo con gli occhi ben aperti e in genere sono i vostri sogni.
Un tavolo di legno o d’acciaio, un flacone di plastica, gioielli da sogno…

L’immagine della tua azienda e i tuoi progetti di comunicazione
sono sogni da realizzare.

STRATEGIE OBLIQUE

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Ho parlato spesso delle Strategie Oblique, è un mio pallino lo ammetto!

Nel 1975 Brian Eno e Peter Schmidt realizzarono un mazzo di 124 carte chiamate Oblique Strategy, «strategie oblique». Su ciascuna carta era scritta una frase, tipo Imprevisti e Probabilità del Monopoli, da usare per ovviare a  blocchi creativi ed esplorare nuove strade.
Chi è bravo può creare le sue personalissime  “Strategie Oblique”, l’importante è che non siano semplici istruzioni ma suggestioni spiazzanti buone da applicare in qualsiasi situazione.
Chi invece vuole provare subito può leggere una delle frasi contenute nelle carte originali di Brian Eno e Peter Schmidt semplicemente cliccando su www.joshharrison.net/oblique-strategies

Uso spesso scegliere una carta dalla scatolina nera con la scritta in oro Obliques strategies.
Stamattina ne ho prese sette a caso perché siamo in tanti.
É una sorta di esperimento collettivo!

Vediamo cosa ci riserva il pensiero laterale!

Slow preparation, fast execution
Preparazione lenta, realizzazione veloce.
Che leggo come – pensaci, rifletti, progetta e poi esegui senza indugi – In sostanza il buon Brian ci invita a darci una smossa! Anche se é Venerdì come dargli torto?

You can only make one dot at a time
Puoi fare solo un punto alla volta
Un passo alla volta si fa tutto! Ok! Velocitá e metodo.

Trust in the you of now
Abbi fiducia nel te stesso di adesso.
Con fiducia in se stessi! Ok Brian! Ce la possiamo fare subito!

State the problem as clearly as possible
Esponi il problema nella maniera più chiara possibile.
Facciamo chiarezza! Esponiamo il problema in modo chiaro. Eliminiamo ogni dubbio!

Get your neck massaged
Fatti fare un massaggio al collo.
Credo voglia dire – Vogliatevi bene! – Rilassatevi.

Breathe more deeply
Respira più profondamente
Questa carta sembra proprio collegata a quella precedente, tiriamo un bel respiro profondo e…

Do the last thing first
Fai l’ultima cosa per prima.
Qual’era l’ultima cosa che pensavamo di fare oggi? Ecco! Facciamola subito!

É un giochino scacciapensieri, un modo per pescare una chance di cambiare la giornata, di cambiare il modo di fare il lavoro che abbiamo sottomano, un’opportunitá per uscire dagli schemi e non ripetere sempre le stesse cose.

Rilassiamoci e facciamo piccoli gesti insoliti.

BELLO è UTILE

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Quante volte abbiamo sentito la frase – l’importante è che sia utile, funzionale, non è importante che sia bello! –
Invece il bello è utile, vantaggioso economicamente e assolutamente indispensabile per comunicare l’azienda.

– Fa parlare di sé e si fa vedere.

– Emoziona e fa innamorare.

– É innovativo e stupisce.

– Ha tante cose da raccontare.

– Non è banale.

– Trasmette le capacità dell’azienda,

– e i suoi valori 

– É semplice

– Fa vendere

Realizzare un bel oggetto, un bel logo, un bel depliant o un bel catalogo, un bel sito internet, delle belle fotografie, un bel testo per il blog, per face book o per la tua newsletter… fare le cose bene e far sì che siano belle non costa di più e soprattutto tuoi investimenti in design e comunicazione non saranno controproducenti.

La creatività deve mostrare il progetto che la ispira!

Progettiamo insieme delle cose belle!

IL PRODOTTO DA GIOVANI

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Il prodotto da giovani non esiste!
Mi capita tutti i giorni di discutere del pubblico a cui è diretto un certo prodotto. Per semplificare, oggetto di lusso, della tradizione, fattura artigianale, prezzo elevato… il target è tra i quaranta e i sessanta, viceversa easy, modaiolo, di fattura industriale, slegato dai valori della tradizione, prezzo contenuto…  sarà un prodotto rivolto ad un target tra i 18 e i trenta/quarant’anni.
Troppo semplice!

Il ragionamento appena fatto sembra lapalissiano ma non lo è per niente. Il dato anagrafico oggi coincide solo marginalmente con le capacità di spesa e con i valori di riferimento. C’è un gran rimescolamento di ruoli, di valori, di necessità da appagare.
A prescindere dal portafogli, infatti per ogni fascia di mercato le logiche si ripetono, dalla fine degli anni sessanta la “giovinezza”, l’essere, l’apparire o l’essere considerati “giovani” è diventato un valore assoluto che se ne abbia consapevolezza o meno.
Figli tra i 18 e i trent’anni e genitori con venti trent’anni di più, frequentiamo gli stessi locali, ci vestiamo allo stesso modo, mangiamo e beviamo le stesse cose, facciamo vacanze simili.
Addirittura negli ultimi dieci anni ci siamo scambiati di posto. I ragazzini arcistufi di condividere jeans stracciati e scarpe da ginnastica con papà e mamma hanno iniziato a vestirsi e ad atteggiarsi come gli idoli dei nonni riempiendo le strade di cloni di Audrey Hepburn e Gregory Peck  sullo sfondo di una rediviva filosofia/moda/cultura hipster e rimescolando tutto.
Noi genitori non ci siamo lasciati spiazzare. In un secondo ci siamo buttati in questo tritamode prendendo quello che piaceva di più, le cose più facili… barbe, ciuffi e andandoci a riprendere le camicie a quadri sottratte dai nostri figli ai nostri genitori  appena l’altro ieri.
Poveri ragazzi, tutto inutile. Vogliamo essere sempre giovani. Qualsiasi nuova moda inventiate o riesumiate dalle nostre cassepanche sarà immediatamente anche la nostra.
Cari stilisti, designer, chef stellati, inventori di carabattole e artigiani inarrivabili…  Sia che s’inventi un aggeggio di plastica fluo o che si lavorino materiali nobilissimi con perizia manuale eccelsa l’obiettivo dovrà essere lo stesso:  farci sentire tutti… ggggiovani!
Quindi non esiste il “prodotto da giovani”.
O forse sì!
Di certo sono quelli comprati dagli ultracinquantenni.

Per disegnare e comunicare i valori del tuo prodotto occorre riflettere sull’identità della tua azienda, sui tuoi valori. Occorre essere veri.
Se vuoi, possiamo lavorarci insieme.

DESIGN E COMUNICAZIONE, TUTTO CAMBIA

 

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Design e comunicazione, tutto cambia.
Il design moderno, tutta la creatività moderna sono segnati dal rifiuto della decorazione.
Buttati in cantina i merletti della nonna, piallati i riccioli e ori dai buffet e dai controbuffet, raddrizzati i caratteri tipografici, bastoni senza più grazie, tolte modanature, bugnati e tutte le incrostazioni possibili dalle facciate dei palazzi ci siamo ritrovati a contemplare un vuoto che ai più non è piaciuto molto.
Il moderno non viene vissuto come l’affascinante affermazione della tecnologia, la rarefazione essenziale delle forme, lo studio di elementi  funzionali e pratici,  ma come freddezza, povertà, vuoto.
Per questo costruiamo chalet di montagna magari con un bel paio di palme in giardino.
Per questo siamo finiti a vivere circondati da un mare di roba caratterizzata dal non avere nessuna particolare caratteristica estetica, e diciamolo… nessuno stile! Che parolaccia da secolo scorso.
Telefonini ultrapiatti, lucidi e lisci come saponette studiati da designer multimilionari, televisori ultrapiatti che tocca leggere le istruzioni per trovare il pulsante ON–OFF, automobili levigate come frecce che ci chiedono dove vogliamo andare…  un mondo di tecnologia mescolato ai centrini della nonna che sfondate le porte delle cantine si sono riappropriati dei salotti buoni e già che c’erano hanno preso le forme di porta telefonini rococò, abat–jour con le farfalle e un’infinità di ghirigori che non hanno più memoria dei codici estetici dell’ottocento e si reinventano con risultati a volte sorprendenti .
In questo baillamme di cose belle e brutte, antiche e moderne, falso–antiche e quasi–moderne–ma–non–troppo se un’azienda cerca la propria identità deve iniziare un’analisi non molto diversa da quella psicanalitica… auguroni e buon viaggio! Perfino le parole assumono forme e significati ogni volta diversi. Scritture semplici, lineari e dirette si mescolano a vagonate di superlativi assoluti e tutto diventa ad un tratto… petaloso!
L’Accademia della Crusca si sveglia e come in un racconto di De Amicis il mondo è tutto “petaloso”, c’è anche la mestrina dalla penna rossa e piccoli scrivani ferraresi.  E  pensare che quando Forattini definì “risparmiosa” la Fiat Uno la sua pubblicità venne definita… vomitosa.

Tutto cambia.

Occorrono nervi saldi e la capacità di guardarsi intorno, buon naso e la capacità di contemplare l’errore come un compagno di viaggio. L’importante è intraprendere  il proprio cammino intuendo quando è necessario cambiare e agendo rapidamente.
Dalla decorazione ottocentesca, dai centrini alle parole e alle frasi di una scrittura arzigogolata al tritatutto della nostra quotidianità occorre sapersi mostrare e farsi riconoscere con una forte identità.
Nuovo Design? Nuova immagine aziendale? Nuova scrittura, slogan, fotografia… nuova comunicazione?
L’importante è che sia la nostra comunicazione!

Troviamo quella giusta insieme.

PERSONALIZZARE IL PRODOTTO

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Mai avuta voglia di un tatuaggio?
Così tanto per personalizzare il bicipite o la caviglia. Quando ci abbiamo pensato, a prescindere dalla localizzazione, quello che più ci interessava era la sua unicità.
Un disegno che fosse solo nostro.
Magari il tatuaggio poi non l’abbiamo fatto ma riversiamo continuamente la nostra voglia di identità su tutto quello che compriamo. È una mania!
Una voglia di affermazione dell’ego che avevano anche le nostre nonne quando ricamavano baulate di corredo con le iniziali di famiglia. Adesso… altro che iniziali sulle camicie, che tra l’altro non sono mai passate di moda.

La tendenza alla personalizzazione investe tutto il product-design.

L’arredamento, soprattutto nel contract, è un tripudio di personalizzazioni ad hoc. Il logo e i colori dell’hotel o dell’azienda occhieggiano dalle cerniere delle ante, dalle corsie dei cassetti  per esplodere ovunque su letti, specchi, tavoli e poltrone direzionali. Borse, scarpe e accessori non sono certo da meno nell’offrirci tutte le possibili variabili tra cui scegliere come identificarci. Siano pezzi extralusso, fashion o sportivissimi non mancherà mai la possibilità di aggiungere quel quid che dirà a tutti la sua appartenenza. Certo la si potrà urlare come sui barattoli della Nutella, sulle sinuose forme delle Coca–Cola e sulle fasce colorate ai bordi delle nostre Nike o si potrà più discretamente solo accennare scegliendo un dettaglio seminascosto ma bisogna poter dire…
“Questo è mio!”

Biciclette, occhiali, computer, smartphone, tutto deve avere un nostro segno inequivocabile. Le cover dei telefonini stravolgono il lavoro di designer geniali con chili di glitter, colori fluo, e le immagini di introvabili manga giapponesi esibiti più dei gioiellini tecnologici che nascondono.

PERSONALIZZARE, PERSONALIZZARE, PERSONALIZZARE!!!
È un imperativo categorico.
Gioielli che si adattano agli stati d’animo e al look di chi li indossa. Incredibili creazioni da usare in tanti modi diversi. Oggetti che il cliente può comporre come crede rendendoli di fatto unici e assolutamente personali.

Ma è proprio vero che il cliente vuole sempre poter trasformare a sua immagine e somiglianza abiti, gioielli, mobili, scarpe da ginnastica e posate d’argento?!
Qualche volta val la pena riflettere sulla paura diffusa di dover essere creativi a tutti i costi e trovare il modo di rendere semplice al cliente l’affermazione della propria identità e dei proprio gusti.

Chiamami che ne discutiamo insieme.

TUTTI IN FIERA

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Fiere importanti in vista all’inizio di questo 2016.
Si accavallano tutte all’inizio dell’anno. Iniziamo con VicenzaOro dal 22 al 27 Gennaio preceduta di pochissimo da IMM, la grande rassegna del mobile a Colonia dal 18 al 24 e in contemporanea a Maison Object a Parigi dal 22 al 26 Gennaio e il SIGEP a Rimini con dolci e Gelati dal 23 al 27, per chiudere il mese con HOMI a Milano dal 29 al 1 Febbraio. A febbraio dal 14 al 17 a Milano va di scena la pelletteria, borse e scarpe con MIPEL e MICAM. Dal 17 al 24 marzo BaselWorld attirerà l’attenzione a Basilea di tutti i gioiellieri del mondo. Ad Aprile praticamente in contemporanea Vinitaly a Verona dal 10al 13 e il Salone del Mobile a Milano dal 12 al 17 chiuderanno la primavera.
Scusatemi se ne ho tralasciate di importanti per voi.

Fiere, stand, identità aziendale da proporre in modo forte e coordinato.
Le esposizioni internazionali spronano le aziende di ogni settore a guardarsi allo specchio e ad affilare gli strumenti di marketing per presentarsi al pubblico nel modo più convincente possibile.

E’ un lavoro immane, lo conosco bene!

Si approfitta dell’evento fieristico per presentare le ultime collezioni, il prodotto di punta, il brevetto, la lavorazione esclusiva.
Il prodotto è il centro dell’immagine aziendale, se comunica da sé ci risparmia un sacco di fatica.

E  poi fotografie, grafica, stampa, copywriting… il depliant, la brochure, il catalogo generale o della singola collezione, il pieghevole che illustra le specifiche del prodotto o fa  sfavillare la sua immagine patinata, insomma la carta stampata vuole ancora il suo tributo d’inchiostro che internet ha solo moltiplicato a dismisura.
Tutto poi rimbalza sul sito e da lì sul blog, su Facebook e su tutti i social dov’è obbligatorio esserci cercando di mostrare il lato più coinvolgente e innovativo dell’azienda. Ecco allora Newsletter, post a go–go, countdown come fossimo a Cape Canaveral, e inviti che impazzano e percorrono le mailing–list di mezzo mondo.

Brainstorming infernali per tirar fuori dal cilindro il gadget perfetto per farsi ricordare… elegante, utile, allegro. Una piccola sorpresa per far dire – Lo voglio! –  senza dilapidare un capitale.

E dopo tutto questo e molto altro ancora c’è lo stand, il luogo in cui tutto si concentra in quei pochi giorni di visibilità e confronto tra competitor. Il momento in cui ognuno mostra il meglio di sé, gioielli, arredi, tecnologia, prelibatezze, servizi di ogni genere e tanta, tanta  moda.
Per questa prima metà dell’anno i giochi sono fatti, molti stand sono già pronti. Servirà fare attenzione durante le giornate di lavoro se le scelte fatte siano da confermarsi o no. Varrà la pena guardarsi attorno e testare sia la funzionalità che l’impatto emotivo del proprio allestimento.
I giorni in cui si vive la fiera sono il momento migliore, oltre che a fare affari, anche per mettere a punto la macchina per gli appuntamenti che seguiranno.

Ci vediamo in Fiera!

SCEGLIERE

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Ero lì che non sapevo che pesci prendere, la scelta non era semplice e le opzioni si erano ridotte all’osso. Prendevo un materiale e spendevo una cifra o sceglievo l’altro con mille dubbi sulla reale resa in fase di lavorazione.

Una situazione che si ripete continuamente a fare il creativo di professione.

Sia che tocchi scegliere la carta per il nuovo depliant di un’azienda particolarmente sensibile ai temi della dell’ecologia, sia che si debba trovare il materiale giusto per il pavimento di uno stand fieristico o di un negozio.

Scegliere!  

Farlo velocemente tenendo conto di tutto.
Scegliere il template più adatto per quell’azienda che vuole realizzare il nuovo sito internet su WordPress. Scegliere il tavolo e le sedute più corrette per arredare la sala riunioni, le poltroncine della sala conferenze o della sala d’attesa.

Scegliere la luce giusta!
Prendere le lampade più adatte a ciò che si vuole illuminare e allo spazio che si vuole occupare.

Scegliere l’impostazione grafica che esprima meglio il messaggio che si vuole comunicare.
Le immagini, le parole,  i font, i grassetti e i corsivi, scegliere i colori e l’impaginazione.

Scegliere l’incipit di una storia, il ritmo di un video, il tono di una voce, lo sguardo di una modella, scegliere la musica che commenta le immagini o scegliere il silenzio.

Trovare il posto perfetto per scattare una foto o adattarsi alla solita location.

Usare  un materiale della tradizione o un composto mai visto prima? Innovare a tutti i costi o calibrare l’effetto per rassicurare?

Calibrare il disegno di una curva, disegnare la forma di un oggetto rispondendo alle esigenze ergonomiche, estetiche, economiche…

Ecco!
Scegliere in fretta il meglio tra tutto ciò che è possibile.

Serve esperienza e umiltà, averne provate tante e sapersi fidare di chi magari quella cosa la fa da sempre. Serve coraggio e intuizione per rischiare e innovare.

Bisogna scegliere!

IMPERFEZIONI PLASTICHE

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Il fascino dell’imperfezione non è per tutti i materiali, c’è materia e materia.
Diamo per scontato che siano i materiali naturali come i legni, le pietre, i metalli e i tessuti a mostrare il loro lato più vitale nelle imperfezioni.
Certo i nodi del legno, le sue fessurazioni, le scalfiture e i cambi di colore dovuti all’uso e al tempo lo rendono ancora più piacevole e vivo. Un oggetto di legno racconta la sua storia e ha i segni dell’uso che se ne è fatto. Molto spesso è molto più bello vecchio che nuovo.
Le pietre sono migliaia di anni che raccontano la nostra voglia di bellezza. Sculture, cattedrali, gioielli col tempo e con l’uso diventano vivi. Portano i nostri segni addosso e noi possiamo andare a cercare il ricordo di chi siamo stati nelle crepe, nelle scheggiature, nelle superfici consumate.
Vi sono invece materiali di sintesi verso i quali spesso non sappiamo come porci, non sappiamo che valore dare ai segni e alle imperfezioni dovute alle lavorazioni, all’usura, al trascorrere del tempo.

Le plastiche sono ovviamente al centro di questa riflessione.
Per plastica intendo un mare di materiali anche molto diversi tra loro che gli esperti preferiscono catalogare come materiali polimerici.
Se ne avete voglia fatevi una gugglata e vi si aprirà un mondo!
A me interessa quanto siamo disposti ad accettare i segni dell’usura delle materie plastiche, le imperfezioni della loro costruzione.

Partiamo dal fatto che un prodotto realizzato, poniamo caso, con un processo di stampa rotazionale del polietilene, necessita spesso di una finitura artigianale per mostrare superfici “perfette”.
Quindi non è possibile raccogliere  tutti gli oggetti o gli arredi realizzati in plastica sotto lo stesso tetto.
Ci sono grandi idee realizzate su splendidi progetti, con grande cura e altre invece di nessun valore e davvero dozzinali.

Chiaramente soltanto le prime meritano di star qui a discutere delle loro imperfezioni…
Spesso sono oggetti così solidi che dureranno in eterno, di sicuro più di noi… e già questo ce li fa amare e odiare allo stesso tempo.
Sta passando adesso la prima generazione che lascerà in eredità a figli e nipoti poltroncine in polietilene e contenitori in ABS, di cui sono fatti per esempio i mattoncini Lego.
Credo che anche gli oggetti in plastica possano raccontare storie di traslochi e cambi di destinazione d’uso con i segni lasciati dal tempo e dall’incuria.

Non è possibile pensare che oggetti che fanno parte della nostra cultura, magari progettati da designer di fama internazionale come Joe Colombo, Achille Castiglioni o Gae Aulenti, siano da buttare via perchè macchie, abrasioni e striature ne hanno cambiato l’aspetto.
Vorrei capire, al di là del modernariato, oltre il valore storico di questi oggetti, che emozioni sono ancora in grado di suscitare i vecchi oggetti in plastica che abbiamo in casa.
Saremo tra i primi ad avere consapevolezza di questa mutazione generazionale.

Solo recentemente abbiamo tolto alla plastica il marchio infamante di simbolo del consumismo per scoprire la sua vocazione ecologica.
Ieri era uno dei materiali più inquinanti e oggi invece salva le foreste sostituendo il legno in molti usi.
Evviva la plastica!

COM’È BELLO ESAGERARE

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Poco meno di un anno fa parlavo di ESAGERARE come tecnica creativa.
Secondo me uno dei modi più proficui di  risultati interessanti nell’affrontare qualsiasi tipo di progetto creativo, sia d’architettura che di productdesign, grafica, packaging… e tutto quello che vi viene in mente.

A esagerare dicevo… non si sbaglia mai!

Ho provato a googlare –  ESAGERARE FA BENE –  e il risultato è stato:
Mai esagerare… Guai a esagerare… Non bisogna esagerare… Attenzione a non esagerare… Tutto fa bene senza esagerare… Basta non esagerare… Va bene, ma non esagerare…

Una litania universale e unidirezionale a favore dell’equilibrio e della misura.

Ok! Per gran parte delle affermazioni sono d’accordo. Pensate che mi sono ridotto ad accettare perfino che la corsa fa bene… ma senza esagerare. Cosa che qualche anno fa avrei attribuito di certo solo a qualche medico fumatore e panzone indivanato!
Tutta colpa dell’età che avanza… ma non intacca certo la mia creatività!

Infatti voglio produrvi un’altra lista di ESAGERAZIONI per arricchire gli spunti forse troppo poetici dell’anno scorso.

–  Una pagina del catalogo, formato A3, tutta bianca con solo una piccola foto 6×6 e una lunga didascalia dal formato tutto da inventare.

–  Un depliant completamente rosso, stampato in rosso, con foto rosse.
Quante tonalità ha il rosso?! (Ma un’eccezione la facciamo!)

–  Un Negozio metà completamente nero… e l’altra metà completamente rosa… (ma poteva essere: pervinca, lilla, salvia, limone… d’oro).

–  Un’esposizione lunghissima dai percorsi labirintici e strettissimi che tocca chiedere permesso per passare anche se siamo solo in due.

–  Un sito internet fatto di segni quasi nascosti e immagini e testi bellissimi quasi impossibili da trovare.
Alla faccia di tutta la SEO del mondo. (che poi ci facciamo trovare lo stesso eh!)

–  Un ambiente grandissimo e bassissimo… e un soffitto pieno di fori da infilarci la testa.

–  Un packaging molle! Completamente viscido e molle. Magari col nostro gioiello immerso in un gel profumato.

–  Una lampada enorme e quasi invisibile da spenta.

–  Una Newsletter  bellissima e illeggibile ma… piena zeppa di call to action!

Pensiamo a come potremmo cambiare un prodotto, una presentazione, un sistema espositivo, un packaging… esagerando in qualcosa.
Come sempre, esagerare comporta capacità di rinuncia, ci vuole coerenza e rigore.

Visto che si parlava di call to action, ve ne chiedo una piccola piccola di azione.
Se vi piace, e solo in quel caso… mettetemi un MI PIACE sulla pagina Facebook.

 

 

Un anno fa avevo scritto  IDEE ESAGERATE

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