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Raccontare storie per vendere sogni…

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Tutte le aziende hanno la necessità di descrivere la loro attività, di raccontare quello che fanno, di promuovere i loro prodotti. Nel tempo del web 2.0 la scrittura è diventata uno strumento ancora più importante. Ma raccontare una storia per vendere un prodotto significa trasformare il prodotto nel protagonista della storia. Il più grande spot pubblicitario a cui abbia assistito è stato il film del 2001 Cast Away di R. Zemeckis con Tom Hanks. La storia racconta di un dipendente di Fed-ex disperso su di un’isola deserta dopo la caduta dell’aereo della compagnia di spedizioni su cui viaggiava. All’inizio è il rapporto totalizzante tra il dirigente e la sua azienda. Quanto è grande, bella e buona Fed-Ex, com’è efficiente Fed-Ex. Poi l’aereo precipita e lui, l’unico superstite, raccoglie tutti i pacchi Fed-Ex che il mare restituisce. Tra questi tutti ricorderanno, spot nello spot, il mitico pallone della Wilson, che una volta macchiato con l’impronta insanguinata del palmo della mano si trasformerà nell’unico amico sull’isola deserta, il Signor Wilson appunto. Così mentre per due anni Tom Hanks culla la speranza del ritorno alla vita civile su tutto giganteggia l’aura invisibile di Fed-Ex e il pacco con il logo dalle ali dorate come ancora di salvezza. Sull’aereo durante il sospirato ritorno altro spot nello spot a favore della gazzosa Dr Pepper buttata lì per vedere chi la ricordava come bevanda preferita da Forrest Gump (il personaggio da Oscar di Tom Hanks).

Ecco qua! Niente di meglio di una bella storia per raccontare un prodotto. Un orologio, una pietra preziosa, una località turistica, una bibita analcolica, una marca di aerei o di automobili… Chi non ricorda l’alfa rossa spider, star de “Il laureato” con Dustin Hoffman del ’67, e la vespa di “Vacanze Romane” di W. Wyler del ‘53 con Audrey Hepburn. Il cinema è sempre stato il mezzo per comunicare il prodotto importante, meglio se di lusso. Bulgari cresce e diventa “BULGARI” grazie anche a Cinecittà, alla dolce vita e… al David di Donatello, inteso come premio cinematografico.
Il cinema dunque, ma non solo, c’è una grande richiesta di scrittura creativa, di racconti, storie, romanzi che facciano rivivere le emozioni contenute nel rombo di un motore, in un gioiello, in una grande casa di moda, ”Il diavolo veste Prada” prima di diventare il film che tanti hanno visto è stato un romanzo scritto da Lauren Weisberger. Ovviamente non sto parlando di fare grande cinema, di fare letteratura ma di far conoscere un prodotto, di farlo desiderare, di renderlo “simpatico”, fare marketing narrativo e vendere.
Le aziende però, specialmente quelle più piccole, ­­­sono spesso frenate di fronte alla prospettiva di romanzare un pezzettino della loro attività. C’è bisogno di una personalità forte e di strumenti affilati per esibirsi o far esibire la propria azienda al di fuori dell’agone classico del mercato, sul terreno molto più scivoloso della narrazione di fantasia.

Chi volesse approfondire:
MARKETING NARRATIVO
Usare lo storytelling nel marketing contemporaneo.
A. Fontana, J. Sassoon, R. Soranzo
Ed. Franco Angeli­­

 

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Cosa succede ogni 60 sec in internet

Se qualcuno se la fosse persa vi ripropongo l’infografica pubblicata su blog.qmee.com in cui si illustra quello che succede in internet in un minuto. I numeri parlano da sé, 571 nuovi siti, 278 mila tweets, 2 milioni di ricerche su google, 204 milioni di email… e così via. Un’enormità di dati che nei prossimi dieci anni a sentire Zuckerberg e compagni potrebbero quadruplicare.
Sono ben lontano dalle posizioni di chi prendendo spunto da queste informazioni tuona contro il tempo buttato via, contro l’inutilità di tanti di questi eventi on–line. Il tempo chi l’ha voluto perdere l’ha sempre perso e il modo c’è sempre stato anche senza videogiochi e senza twitter.
Sono affascinato da quanta gente si è messa a scrivere, non importa cosa, quanta gente fotografa, discute, compra e vende, chiacchiera, cazzeggia certo… ma anche scambia informazioni preziose, partecipa. Credo che internet sia un grande mezzo per far crescere la democrazia, per aumentare il controllo dei poteri sulle persone, per diffondere la conoscenza e spargere ovunque una quantità di scemenza, per rendere tutti più liberi e più incatenati allo stesso tempo. E’ solo un mezzo incredibile e dipenderà da quello che vorremo farne.  Ovvietà! Ok, ma mi andava di ripeterlo, vorrà dire che in questo minuto ci sarà un post in più!
Solo un appunto alla bella infografica di QMEE che oltre ad essere graficamente piacevole è anche leggibile. E Wiki? Che fine ha fatto Wikipedia?! Quanti bussano alle sue pagine in un minuto? Non lo sapete?
Ok! Ci tocca chiederlo a Wikipedia!

blog.qmee.com 

Fotografia tra arte passione e gioco.

C’è stato un periodo quando avevo 16, 17 anni in cui la fotografia era quasi tutto. Pellicola medio formato 6×6 o 6×9, tassativamente bianco e nero, bagno trasformato in camera oscura, pellicole e foto stese ad asciugare come biancheria fresca di bucato. Si sperimentavano i trucchi dei fotografi famosi, il flou che allora dilagava grazie a David Hamilton e ancor di più alle sue fanciulle in fiore… poi mi ero vergognato di un giochetto così commercialmente abusato e avevo trovato nei bianchi e neri perfetti di Mapplethorpe una nuova ispirazione e il riscatto creativo. Sognavo di possedere una irraggiungibile Hasselblad e di fotografare Lysa Lion.
Oggi che la fotografia, le immagini, sono un pezzo importante del mio lavoro ho un miliardo di certezze in meno e più voglia di sperimentare di allora. Ammiro tanti artisti ma nessuno mi affascina più come accadeva a metà degli anni settanta. Apprezzo la qualità infinita del grande formato ma trovo divertente e infinitamente creativa la possibilità di usare la macchina fotografica dello smartphone in qualsiasi momento, per un appunto, per raccontare una cosa su facebook o twitter, per raccogliere un’immagine, una luce che non rivedrò più. Trovo idiota la demonizzazione, da parte di tanti fighetti, della moltiplicazione popolare delle possibilità espressive. Spero si diffondano presto insieme alle sempre maggiori possibilità creative anche una maggiore cultura artistica e una nuova coscienza estetica per cambiare questo cesso di mondo!

Nell’immagine sopra – Robert Mapplethorpe, Ken Moody, 1983

www.mapplethorpe.org

Creatività e strategie oblique

Tra oggi e domani vivremo le ore più calde dell’anno… meteorologicamente parlando!
Arriva Caronte l’anticiclone africano e io vi propongo di affrontare la calura mettendo mano a strategie oblique… usando tutta la vostra creatività.
In realtà voglio solo farvi conoscere una delle opere a mio parere più singolari di Brian Eno il musicista – non musicista come egli stesso si definisce, ingegnere del suono, artista visivo poliedrico dalla creatività esplosiva. Tutti noi ascoltiamo senza saperlo almeno una sua opera tutti i giorni. All’avvio  e alla chiusura i nostri computer, siano windows o mac, diffondono dei brevissimi jingles composti proprio da lui.
Ad un certo punto della sua vita artistica Brian Eno si dev’essere trovato a corto di idee, come alla fine di una strada senza uscita. Oppure nel bel mezzo di una composizione deve aver avuto la brutta sensazione di non saper più cosa fare, di trovare tutte le soluzioni creative che gli venivano in mente vecchie e poco attraenti. In questo frangente Brian Eno in collaborazione con l’artista Peter Schmidt  ha avuto la bella idea di creare un mazzo di carte, ciascuna recante un aforisma da cui trarre indicazioni, come da un moderno aruspico, sulla via da scegliere nel proseguire la propria attività artistica: le “strategie oblique”. Oblique Strategies, Over One Hundred Worthwhile Dilemmas –  nella prima edizione del 1975 erano 113 carte in un cofanetto nero. A queste successero altre due edizioni nel ’78 e nel ’79 e poi una quarta edizione in realtà mai messa in vendita. Fortunatamente oggi è possibile acquistare la quinta edizione senza farsi svenare da qualche collezionista.
Ecco se siamo in un impasse creativo o più semplicemente se abbiamo qualche dubbio sul come proseguire la giornata, se spaparanzarci all’ombra a leggere un bel libro o tuffarci in piscina, possiamo pescare a caso una carta e seguire le preziose indicazioni. La mossa giusta potrebbe essere non scegliere! Tuffarci in piscina all’ombra di un bel libro.

ObliqueStrategies

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Aquiloni, giocare con la creatività

Fa caldo! Meglio continuare a pensare ai giochi dell’estate, ai divertimenti creativi, ai sogni…
Far volare l’aquilone è una magia che affascina a tutte le età. Da adulti ci si diverte molto più che da bambini o almeno lo si può fare con molta più libertà. Senza avere un papà o una mamma a fianco che imperturbabili tengono ben saldo il filo spiegandoti come si fa a farlo volare più in alto, come si evitano gli alberi e i pericolosissimi fili della corrente, come si svolge e si riavvolge il filo… insomma una palla che quando si è adulti si infligge ai propri figli dimentichi di che rottura fosse. A parte ciò, magari dotati ciascuno di una splendida, coloratissima aquila volante, si può far a gara a chi supera i 100… o addirittura i 500 metri di altezza covando l’ambizione di battere inarrivabili record posti ben oltre la lunghezza del nostro filo. Ancora più divertente, anche se più impegnativo spingersi ad affrontare le peripezie di un delta acrobatico che come una scheggia sfiora le teste del pubblico ignaro del pericolo che corre. Una volta la mamma ce lo costruiva a forma di losanga con due bastoncini in croce e un po’ di carta velina appiccicata con la colla fatta in casa. Oggi senza spendere un capitale si possono trovare materiali incredibili per leggerezza e robustezza con cui costruire aquiloni di ogni forma capaci di volare addirittura senza vento permettendoci di dare sfogo a tutta la nostra creatività e magari anche a quella dei nostri figli!

www.alivola.it

Pensiero laterale, illusioni visive, giochi

Estate, vacanze, tempo di relax e… perché no, di giochi!
Mi hanno sempre fatto impazzire quei test, quei rompicapo apparentemente impossibili da risolvere, oppure anche solo quelle immagini che ci svelano le impercettibili dissonanze dei nostri sensi. Visto che il mio lavoro ha a che fare soprattutto con la creatività, con la capacità di vedere le cose in modo diverso, vi propongo un test molto semplice, un piccolissimo esperimento per testare la predisposizione al pensiero laterale.
Il test è semplice e serve a vedere se in voi prevale il pensiero logico o il pensiero laterale e creativo.
Il test dell’illusione ballerina. (notate il gioco di parole)
Guardate l’illusione ottica “Silhouette Illusion creata da Nobuyuki Kayahara nel 2003, l’illusione ricorda una ballerina piroettante. Alcuni la vedranno girare in senso antiorario altri in senso orario, alcuni – ci ho provato senza successo – vedranno la ballerina cambiare senso di rotazione.

Guardate l’immagine per qualche secondo.

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Se vedete la ballerina girare in senso orario in voi prevale l’emisfero sinistro dove risiede la parte logica, quella dedicata al linguaggio, alla matematica, all’attenzione per i particolari e alla capacità di apprendere, la parte più pratica di voi. Se volete vedere la ballerina cambiare senso di rotazione provate a lasciarvi andare all’immaginazione e alle sensazioni.

Se invece vedete la ballerina girare in senso antiorario in voi prevale l’emisfero destro dove risiede la parte più creativa, più emotiva, più istintiva… il pensiero laterale in voi è innato, vedete le cose in modo diverso. Fantasia e istinto sono prevalenti quindi in questo caso se volete vedere girare la ballerina in senso orario provate a concentrarvi di più sui dettagli della figura.

Com’era scontato la mia ballerina gira sempre e solo in senso antiorario e non è servito a niente fissarle solo i piedi o la testa, solo con l’occhio destro o solo con quello sinistro.
Comunque sia andata, non è nulla più di un gioco!

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Lo spazio della creatività

lo spazio della creatività
La creatività ha a che fare con le nostre capacità di percezione. Non c’è dubbio che intarsiare con bassorilievi la capocchia di uno spillo o dipingere murales lunghi chilometri comporti approcci diversi. Oltre le estremizzazioni, capita spesso nell’industrial design di dover fare i conti con la necessità di dare forma all’estremamente piccolo, meno di sovente a spazi enormi. Ma qual è il campo dimensionale della creatività artistica? Adottando i metodi di misura convenzionali in uso nell’ambito delle discipline scientifiche si può affermare che la visione umana dello spazio può misurare 46 ordini di grandezza dalla 25° potenza alla -16° potenza di 10. I campi disciplinari della conoscenza umana possono dunque essere definiti alle diverse scale di grandezza:

  • Lo spazio dell’astronomia: ordine di grandezza dei parsec, anni luce e kilometri
  • Lo spazio della geografia: ordine di grandezza dei kilometri e metri
  • Lo spazio della biologia: ordine di grandezza dei metri, centimetri e millimetri
  • Lo spazio dell’istologia: ordine di grandezza dei millimetri e micron
  • Lo spazio della citologia: ordine di grandezza dei micron
  • Lo spazio della biologia molecolare e della chimica: ordine di grandezza degli angstrom
  • Lo spazio della fisica delle particelle: ordine di grandezza degli angstrom, picometri e fermi

L’ordine di grandezza degli spazi investiti dalla disciplina dell’architettura, del design e delle arti figurative in genere si colloca nello spazio ristretto tra il campo della geografia e quello della biologia. Provando ad esercitare le tecniche creative, un po’ tutte, ci si accorgerà che tanto più ampia sarà la nostra libertà di agire creativamente quanto più lo spazio sarà immediatamente fruibile dai nostri sensi e quindi ergonomicamente a portata di mani e occhi, senza dover far uso di protesi come lenti, binocoli o microscopi, mezzi di trasporto, scale o altro. Qualche volta si pretende di applicare a scale infinitesimali le stesse tecniche creative che investono la progettazione di oggetti molto più grandi. Disegnare le lancette di un orologio analogico da polso permetterà una libertà creativa molto inferiore a quella esprimibile nel dar forma ad una sedia. Aumentando a dismisura gli spazi vedremo che, anche se per motivi opposti, ci troveremo di fronte allo stesso tipo di difficoltà. Per rendercene conto basterà osservare l’assenza di complessità (affollamento di segni) delle opere riconducibili alla landscape art. Se per esempio prendiamo una delle opere di Christo e Jeanne–Claude del 1983, le undici isole situate a Biscayne Bay, Greater Miami, circondate da migliaia di metri quadrati di polipropilene rosa, saremo abbagliati dalla forza del segno (guardandole da un velivolo) ma altrettanto dalla sua assoluta semplicità.

www.christojeanneclaude.net

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