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PAROLE E IMMAGINI

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Parole e immagini sono sempre state il centro della comunicazione.
Dalla santa inquisizione alla pop-art l’immagine ha sempre trovato nella parola scritta una fedele alleata e viceversa.
Mai come oggi però hanno formato un connubio inscindibile.
Sto scrivendo queste poche righe e giá sto pensando a quale immagine potrá illustrarle meglio. Penso ad un post su Facebook e non riesco ad immaginare la mia foto o il mio video senza due righe di commento o una didascalia lapidaria. Tutto contrassegnato dall’hashtag giusto, ancora parole, parole che etichettano ed è fondamentale trovare quelle giuste, inventarsele se necessario.

Fino a qualche anno fa era importante giocare bene il connubio tra parole e immagini per comunicare l’azienda sui grandi poster autostradali e sui paginoni dei quotidiani e c’era il tempo per scegliere lo sfondo, le parole, il carattere con cui scriverle, la grafica che faceva risaltare tutto. Oggi  é mille volte più importante comunicare la propria attivitá, scegliere parole e immagini, e tocca farlo dieci, venti volte al giorno spesso senza nemmeno il tempo per capire l’effetto che farà. A volte non ci accorgiamo nemmeno di farlo!
Rispondiamo ad una mail, due righe e alleghiamo una foto per farci capire e non stiamo lì a pensare al tono che abbiamo usato, se l’immagine era quella giusta davvero o  si poteva fare meglio. Ma nessuna paura… Non abbiamo neanche il tempo di sentire il fruscio della mail che sfreccia che siamo giá pronti a rifarci scegliendo un’immagine da postare su Instagram – il re dei social oggi – decidere se aggiuncerci un filtro o postarla così… nature, scriverci due cose e aggiungerci una fila di hashtag che non finisce più. Su Facebook lo scritto diventa piú lungo e la foto deve fare lei stavolta il commento e…  possiamo anche dimenticarci degli hashtag. Un Tweet non lo vogliamo fare di corsa? Certo è complicato! Ci vuole un sacco di tempo ad essere così brevi. Concentrare tutto in 140 caratteri dando la sensazione che se avessimo avuto più spazio allora sì che sareste rimasti lì incollati a leggere… Intanto scriviamo la battuta fulminante o il commento appropriato lasciando al link sotto tutto il lavoro sporco. E anche qui una fotina piccina non ce la mettiamo?
Fatto tutto  ripensiamo alla newsletter che abbiamo inviato ai nostri cari settemila lettori. Riguardiamo la grafica, la copertina, il titolo, ci perdiamo a rileggerla. Quasi ci vengono i lucciconi per come siamo stati bravi e invece manca mezzo paragrafo alla fine che becchiamo due strafalcioni. Non li avevamo visti prima e adesso non si possono più correggere.
Dura curare la propria immagine senza sbavature. Ma non facciamoci troppi problemi, tra dieci minuti avremo giá modo di rifarci, altre parole e immagini da scegliere, da scrivere, da scattare.
Una bella foto, due parole giuste e il gioco è fatto!
O no?!

NB. Ne sapete di certo mille più di me, ma ci fosse anche uno solo con qualche dubbio, qualcuno come me insomma, visto che io di dubbi ne ho a milioni… Ecco! Chiariamo cos’è ‘sto hashtag.
L’hashtag è una parola anticipata dal carattere cancelletto, tipo #instagram, per fare un esempio banale, o #selfie per dirne uno che abbiamo usato tutti. L’hashtag serve per contrassegnare un post, in particolare su Instagram e su Twitter ma un po’ dappertutto ormai.
Così facendo, usando gli Hashtag più diffusi nei social o inventandosene di nuovi, cerchiamo di ottenere un po’ di visibilità, cuoricini su instagram, retweet e tante condivisioni in più.
L’importante è scegliere quelli giusti.

Fin qui parole e immagini per interagire e cercare di creare una propria immagine, un’identità riconoscibile.
Essere social davvero è tutta un’altra cosa.

Leggi anche
SCRIVERE PER IL WEB

FIERE DELLE VANITÁ

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Periodo di esposizioni e fiere che si accavallano.
Appena finita Vicenza Oro Fall  perfettamente sovrapposta alla parigina Maison-Objet e siamo già al Mipel e all’HOMI a girare come trottole.
Percorrendo i corridoi dell’esposizione vicentina all’improvviso  mi sono sentito travolgere da un’ondata violenta di vuoto, di assenza, di inutilità.
Per carità! Bellissima fiera! Stand fascinosi… materiali pregiati, grandi dimensioni…
Nessuna novità interessante, nessuna sorpresa, niente da comunicare.

Ma non può essere!
Non è possibile che grandi aziende e piccoli artigiani siano accomunati da così poca voglia di innovare. Gli stand a VicenzaOro erano tutti dominati, come sempre, dallo stesso pensiero: “più grande, più lucido, più glamour…”
E quando lo stand finalmente è grandissimo e lucidissimo ci si guarda soddisfatti l’un l’altro misurando le differenze in millimetri e laccature.
Quanto costa essere tutti più o meno uguali?

Certo ci sono le differenze eh! Non è che sono orbo! Ma sciocchezze… dimensioni, forme, curve, materiali, colori… tutto usato con lo stesso scopo, cercare di mostrarsi belli, ricchi, importanti, lussuosi… almeno un po’, nel piccolo e nel grande la stessa cosa.
Nessuno che scelga strade diverse, originali, che mostri personalità, idee, invenzioni.
Così per l’esposizione come per le collezioni.
Nei corridoi inevitabilmente si respira un’aria stantia.
Fiere delle vanità o delle intenzioni vane, perché ad usare tutti lo stesso linguaggio difficile far sentire l’unicità della propria voce.
Eppure sarebbero infinite le possibilità di affermare l’identità della propria azienda. Dargli spessore, immagine, importanza, forza. Basterebbe un’idea e poi magari prendere un sentiero meno affollato, magari meno costoso, più creativo e divertente.
E non vale solo per VIORO e la gioielleria, ma per l’arredo, la casa, il food…  in ogni settore si cammina come in processione tutti vestiti a festa… e non si sa bene perché!

Leggi anche: “Uno Stand fantastico a VicenzaOro”

DESIGN E COMUNICAZIONE

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Design e comunicazione dovrebbero andare a braccetto!

Sembrerà lapalissiano ma è molto più facile comunicare un oggetto con un progetto interessante alle spalle, ricco di contenuti,  magari sviluppato pensando che poi quel affare lì dovrà essere descritto, fotografato… che parlare, scrivere, fotografare, filmare un oggetto buttato là, nato da un progetto raffazzonato senza alcuna consapevolezza che poi dovrà essere comunicato.

Meglio progettare pensando già a dare visibilità ai punti forti del progetto. Va da sé che quello che stiamo progettando dovrà avere elementi di forte differenziazione, qualità evidenti, caratteristiche importanti su cui lavorare con la consapevolezza che quelli saranno i temi che useremo per dare risalto al nostro oggetto disegnandone il packaging, gli espositori, scrivendone, fotografandolo e descrivendolo in tutte le occasioni e su tutti i mezzi di comunicazione.

La funzionalità e l’ergonomia saranno importanti, ma dovranno balzare agli occhi. Il colore e la forma saranno gli elementi che la fotografia potrà usare con maggiore efficacia se avranno elementi di originalità evidenti. I materiali, i processi produttivi, il ciclo vitale dell’oggetto con le sue caratteristiche di sostenibilità, la sua utilità o forse la sua “inutile” bellezza… sono solo alcuni degli infiniti elementi che possono trasformare un oggetto in un vero e proprio mezzo di comunicazione per sorreggere la propria capacità di vendita e il successo dell’azienda che l’ha prodotto.

Perché tutto ciò avvenga occorre una scintilla, un’idea che caratterizzi l’oggetto in questione, che lo renda quanto più possibile unico nel panorama del suo mercato.

Qualche esempio in cui design e comunicazione hanno formato una accoppiata vincente?

SACCO, la poltrona di Zanotta disegnata da Gatti, Paolini e Teodoro nel 1968, un oggetto diventato protagonista di film e romanzi. Un’idea, un progetto così ricco di contenuti da continuare a produrre significati diversi in tutti questi quarant’anni.

La lampada ARCO, disegnata da Achille e Piergiacomo Castiglioni per Flos nel 1962, mette insieme materiali lussuosi, una forma elegantissima e soluzioni funzionali di dettaglio perfette. Un progetto rivolto ad  illuminare con poetica precisione. Certo!  Ma soprattutto “illuminato” dall’idea geniale di eliminare il vincolo dell’ ancoraggio al soffitto, tradizionalmente al centro della stanza, con la possibilità di spostare la lampada liberamente.
ARCO è ancora un punto di riferimento per il mercato dell’illuminazione.

Potremmo scriverne una lista infinita di oggetti, più o meno belli, più o meno funzionali e utili, tutti con quel quid che li ha trasformati in totem comunicanti. Oggetti che spesso hanno dato vita a un vortice creativo di continui rimandi tra design e comunicazione col risultato di moltiplicarsi in nuovi oggetti e nuovi messaggi.

Visto che viviamo in un mondo superaffollato di parole scritte, parlate, urlate, fotografie e immagini in movimento, riviste, libri, film, e il mare magnum dei Social Network che come una spugna assorbe tutto e lo moltiplica all’infinito, dovremo provare a dotare i prodotti che vogliamo vendere di una personalità che si possa comunicare senza dover ricorrere alla solita aria fritta!  

Pensiamoci mentre progettiamo.
Il primo strumento di comunicazione di un’azienda sono i suoi prodotti.

STRATEGIE OBLIQUE E PENSIERO LATERALE

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Delle “Obliques Strategies”–  strategie oblique di Brian Eno e Peter Schmidt ho già parlato tante volte ma una in più credo non guasti.

Se stiamo pensando ad un progetto, mentre cerchiamo di realizzare un’idea, o stiamo esprimendo la nostra creatività in un campo qualsiasi, capitano momenti in cui ognuno di noi non sa più che pesci prendere.A volte non solo non abbiamo risposte, ma qualche volta non riusciamo nemmeno a formulare le domande, oppure sono domande così banali da meritare solo risposte ovvie.

In questi momenti è fondamentale cambiare completamente lo scenario, uscire dalle logiche e dalle regole preconfezionate che sono sì belle comode ma finiscono per portarci sempre ai soliti risultati.

Facile a dirsi, più complicato a farsi.

In un momento così  possono venirci in soccorso  le “strategie oblique” di Eno e Schmidt per sturare la nostra mente intasata.

Per farsi un’idea di cosa sono date un’occhiata qui e se vi piacciono compratele.
Sentite bene, non si tratta di prenderle alla lettera, ma di lasciarsi ispirare…
Intanto prendo qualche carta a caso… e speriamo bene!

Ecco:

1 – Abbiamo bisogno di buchi?
I buchi si possono mettere dappertutto, si può bucare un oggetto, lasciare uno spazio, chiedersi se sono proprio necessari quelli che abbiamo fatto col trapano o… con l’immaginazione…

2 – Scopri le tue formule e abbandonale.
Basta con il solito formato quadrato! Landscape, landscape, landscape…

3 – Osserva l’ordine in cui fai le cose.
Cominciamo col scegliere un materiale mai usato prima…

4 – Sii stravagante.
Accidenti! Pensavo già di esserlo fin troppo!
Ok! In copertina metterò un pesce verde… qualunque sia il tema.

5 – Onora il tuo errore come un’intenzione nascosta.
Se il post non vi piace sappiate che lo stavo cancellando… ma poi ho letto questa!

6 – Pensa alla radio.
La radio? La scatola con la musica, le interferenze, i canali, la libertà di cambiare, di spegnere…

7 – Il principio della contraddizione.
L’elogio della semplicità scritto con caratteri Scratchy

8 – Usa persone “non qualificate”.
Le foto del mio prossimo profilo le faccio scattare a mio figlio di 6 anni.

9 – Cosa farebbe il tuo amico più caro?
Urca! Pignolo com’è per prima cosa cercherebbe un righello o un dizionario.

10 – Sei un ingegnere.
No! Impossibile… passo alla carta successiva!

11 – Accentua i difetti.
Questo post è troppo lungo… vabbè…   toccherà sorbirvelo ancora.
Le gambe di quel letto mi sembrano troppo corte? Le tolgo del tutto.

12 – Lavora ad una velocità diversa.
Provo a dilatare i tempi… oppure vado a scrivere sul Frecciarossa.

13 – Domanda al tuo corpo.
Ergonomia, ergonomia… ma anche sensualità, forza, morbidezza.
Se disegnate un tavolo mi raccomando, l’altezza è sempre 72 cm eh!

14 – Rendi ciò che è perfetto più umano.
La perfezione è il peggior difetto che esista perciò il tavolo di prima lasciamolo a 72 cm che va benissimo ma rendiamo ancora più irregolare la sua superficie e che nessuno dei suoi quattro lati sia uguale all’altro.
Ah! Se trovate errori in giro… era per rendere questo testo più umano!

15 – Non cambiare nulla e continua con compattezza immacolata.
Qualsiasi sia il lavoro andiamo avanti a testa bassa!
Oppure rendiamo tutto compatto e bianco.
Oppure ancora, guardiamo al nostro lavoro con sguardo ingenuo.

16 – Ascolta la voce quieta.
Tiriamo fuori il nostro lato contemplativo, smussiamo i toni…

17 – Usa una vecchia idea.
Qualcosa di simile l’abbiamo già fatto di sicuro.
Come me ora che scrivo ancora di strategie oblique!

18 – Cosa aumentare? Cosa ridurre?
Aumentiamo le quantità e riduciamo i costi… troppo ovvio!
Riduciamo le superfici e aumentiamo gli spessori.
Aumentiamo la dimensione del font e riduciamo il testo.
Riduciamo la curvatura e aumentiamo la trasparenza.

19 – Ci sono sezioni? Considera transizioni.
Il nostro lavoro è diviso in più parti? Layer, capitoli, paragrafi, partiture, materiali, componenti…
Proviamo tutte le relazioni possibili: interruzioni brusche, sfumature, dissolvenze, flashback, incastri, contaminazioni…

20 – Solo un elemento per ogni tipo.
Ogni riga un carattere diverso?
Ogni finestra una forma diversa.
Le gambe del solito tavolo alto 72, una barocca, una liberty, una country e l’altra blu.
Depliant fatto di pagine con carte diverse, formati diversi, grafiche diverse, e…

Non so se sono stato fortunato estraendo queste carte. Nelle altre 88 Strategie Oblique (nell’edizione del 2013 sono 106 + 2 di istruzioni) forse era nascosta qualche ispirazione più utile… chissà!

Scrivere il profilo aziendale

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Il Profilo Aziendale o il Company Profile, come volete, è quella mezza pagina dove scriviamo sempre le stesse cose.
Una volta stava a pagina cinque della brochure cartonata, poi si è moltiplicata sui pieghevoli e sulle cartoline ed è esplosa sulle home dei siti di quasi tutte le aziende.

Nonno Evaristo nel lontano 1895 aprì bottega in un sottoscala di via Dei Cardatori a…
Niente male eh?! In una riga avremmo risposto a piú della metá delle famose “five W’s” come in un film americano.
Invece spesso iniziamo a scrivere… “Siamo un’azienda moderna, giovane e dinamica, integrata, dalla solida struttura manageriale, leader indiscussa nella creazione, produzione e distribuzione di baratelle e tirapacchi sia maschili che femminili…” E  continuiamo “…la soddisfazione del cliente sta alla base della nostra filosofia aziendale…” Insomma ci incensiamo e tiriamo a lucido senza dire le cose essenziali, senza presentarci davvero.

In pochi abbiamo il coraggio di metterci la faccia nonostante ovunque dilaghino i selfie e di sequestri di persona, per fortuna, non si senta più parlare.
In pochi abbiamo il coraggio di dire… Eccomi qua! Son mi el paròn! E mostrare con la faccia quel po’ di carattere che ha fatto l’impresa. Una faccia sorridente o arcigna, ironica o seriosa col telefono in mano… Una faccia che dica qualcosa!

Proviamo a tirar fuori cose non banali… Con una faccia che se piove e tira vento o ci sono quaranta gradi come oggi e l’aria condizionata é andata a ramengo é comunque la faccia di uno che racconta la sua storia. Di quando, dove, come e perché… Certo! Ma anche di tante altre cose… Che corriamo all’alba lungo il fiume (lasciate perdere che son fissato!) o che daremmo un anno di vita per cambiare tutto. Raccontiamo dei mille successi ma soprattutto di quell’unica sconfitta che poi conta piú di tutto.

Usiamo un linguaggio diretto, semplice, raccontiamo un aneddoto, rifacciamoci a una canzone, a un film , un libro… Parliamo dei mille prodotti bellissimi, importanti, dei brevetti e degli attestati, ma più di tutto raccontiamo di quel sogno che ancora teniamo nel cassetto e che sará una sorpresa, un regalo…
E sicuro… la moglie, il marito, i figli…. La famiglia… ma che non sia per forza mulino bianco.

Perchè non raccontare che é iniziato tutto con un gran colpo di fortuna, per un’intuizione geniale… e poi la fatica di un milione di notti in bianco quasi a doverseli far perdonare.

Scriviamo il Profilo Aziendale come un racconto vero, che ci renda credibili e faccia venir voglia di incontrarci.

Semplice è difficile

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Essere semplici è difficile, così come scrivere ed esprimersi in modo semplice.
È difficile essere creativi e produrre idee ed oggetti semplici.
Sono convinto sia importante comunicare nel modo più diretto possibile pensieri che abbiano un significato cercando di evitare di spargere fuffa  e basta.

Anche progettare oggetti semplici è complicato.
Una poltrona, una lampada, un gioiello dalle forme incredibilmente lineari sarà sempre più affascinante di un oggetto inutilmente complicato.

Scrivere in modo semplice è faticoso perché bisogna aver fatto chiarezza su ciò di cui si vuole parlare ed è necessario informarsi sull’argomento. Bisogna scegliere le parole e la forma più adatta evitando periodi complicati e paroloni inutilmente altisonanti.
Scrivere in modo semplice non vuol dire essere banali.

Se infilo nel discorso un parolone vergognoso, una parolaccia inventata,  una forma strana e complicata, lo faccio consapevolmente. Mi serve per attirare l’attenzione, per far sorridere, per combattere la noia.
Non che ci riesca sempre. Nè a essere semplice né a non essere noioso.
Io ci provo. Magari in questo blog qualche volta mi lascio andare, sperimento e capita che scriva anche qualche sciocchezza.

Del resto scrivere in modo semplice è anche pericoloso perché così la gente si accorge se si rimesta la solita brodaglia e non ci si può nascondere dietro una nuvola di spezie che copra tutto.

Per progettare una seggiola, un vaso, o un tavolo la storia non è tanto diversa.
Essere semplici aiuta sempre. Perfino a disegnare delle cose apparentemente complicate.

Sono di quelli che preferiscono togliere, togliere e togliere fino ad avere superfici pulite, linee semplici da dove l’idea salta fuori subito.
Raggiunta una forma essenziale, tolte le  incrostazioni, qualche volta mi vien voglia di fare grafica, di appiccicarci un’invenzione, ma mi piace si percepisca questo desiderio di aggiungere, questa voglia di giocare e di stupire.

Non mi ricordo più quale filosofo dicesse… “Vi scrivo una lunga lettera perché non ho tempo di scriverne una breve”.
Non è tanto diverso quando si danno in pasto al pubblico oggetti complicati perché non c’era il tempo di renderli semplici.

Di questi tempi pieni di invenzioni vuote e di voli inconcludenti le aziende dovrebbero mirare alla semplicità, non alla vuota faciloneria, per distinguersi e farne motivo di vanto.

 

PENSIERI IMPURI INTORNO AL DESIGN di UNO SPREMIAGRUMI

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Pensavo al design… a quando si disegna un oggetto…
Al product design…Così in generale…
Pensieri strani… pieni di contaminazioni… e mi è venuto in mente Juicy Salif, lo spremiagrumi disegnato da Philippe Stark per Alessi 25 anni fa.
Non c’entra il battage pubblicitario di questo venticinquennale, nè il nome stucchevolmente famoso del designer francese, nè la fama dell’oggetto e della marca.
Mi piace questa scultura che qualcuno si ostina a pensare utile. L’ho amata da quando è comparsa sulle riviste e nei negozi senza che se ne capisse bene l’utilità.
Un mostriciattolo perfetto da far proliferare in film di fantascienza sanguinolenti.
Ma perché ha avuto così tanto successo?
Proviamo a carpirne il segreto.
È semplice!
Elementare, compatto, lucido, un solo materiale. Anche per il Juicy vale l’aneddoto poco originale che sia nato da uno scarabocchio su un tovagliolo di carta al ristorante.
Non ha bisogno di istruzioni.
È bastato fotografarlo con mezzo limone in testa e si è capito tutto.
È facile da pulire.
Basta infilarlo sotto al rubinetto!
É innovativo.
Chi l’aveva mai visto uno spremiagrumi così?
È ergonomico e in larga misura accessibile a tutti.
È divertente!
Sembra un giocattolo spaziale!
È sexi.
La sua forma fallica sorretta da quelle zampe da insetto alieno me lo fanno accostare al rompighiaccio di Basic Instinct anche se quello era solo uno spillone.
È bello.
Dite la verità! In quanti l’avete comprato pensando di usarlo?! Nel 99% dei casi fa da soprammobile, fermacarte, porta foto… e tanto altro!
Ecco! Per me lo Juicy Salif riassume in sé tante delle regole che fanno buon design.
É semplice, facile da usare e da pulire. È innovativo, si comunica e pubblicizza da solo. È ergonomico, divertente e… Soprattutto è bello! Così bello da farci dimenticare tutte le altre sue qualità!
Un esempio da copiare… Provando ad applicare il metodo Juicy ai nostri progetti.
Nel frattempo il mio… me l’hanno fregato!
Questo post di sicuro non è una marchetta… Ma fossi Alessi ci penserei!!!

QUAL È IL MEZZO MIGLIORE PER COMUNICARE?

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Qual é il mezzo per comunicare che usate di più?
Telefono? E-mail? SMS? Messenger? Skype? Whatsapp?
Già il fatto di poterne elencare una quantità… praticamente infinita… Ci fa capire com’è cambiato il mondo in pochissimi anni.
Ho volutamente omesso i segnali di fumo, i piccioni viaggiatori, i messi a cavallo, la posta celere  e gli inossidabili FAX.

Confesso subito che odio i FAX.
Dieci anni fa avevo dato loro non più di sei mesi di vita, proponendo a un sacco di aziende di eliminare l’ottuso oggetto preposto al loro invio e alla loro stupida ricezione.
C’è la posta elettronica! Dicevo. E mi si guardava con un certo compatimento. Ok! Pensavo, lasciamo che cadano in disuso da soli… Pochi mesi…
Ieri per certificare la mia casella di posta elettronica “certificata” ho dovuto spedire copia dei miei documenti d’identità via FAX.
Ha vinto lui! Amen!
Segretamente continuo a sperare che un virus li metta tutti fuori uso prima della  fine dell’anno.

Invece amo whatsapp!
È gratis! Lo uso quando voglio senza obbligare ad una risposta simultanea… e ha i baffi blu.
Croce e delizia, i baffi blu.
Invio… Baffo grigio… Due baffi grigi… Baffi blu! Perfetto! Ora so che il mio interlocutore ha visto il mio messaggio. Magari non l’ha letto ma l’ha visto. Se dopo un’ora non ha risposto… Inizio a temere per il suo stato di salute. Nel senso che penso sia  in preda a gravi difficoltà psicomotorie… E che… nel caso continuasse a non rispondere potrei attentare direttamente alla sua salute.
Ma che caspita avrà da fare per non rispondermi… l’ha visto il mio messaggio! I baffi blu lo certificano!
Per mettermi il cuore in pace penso si sia dimenticato lo smarfò a casa aperto sulla mia chat.
Bello però whatsapp quando funziona!

Nell’ambito del lavoro la posta elettronica resta il mezzo di comunicazione per eccellenza.
Veloce, affidabile, personalizzabile. Con la possibilità di allegare facilmente qualsiasi tipo di file.
Evitiamo magari di metterci immagini da 20 megabyte come fossero acqua fresca. Per questo esistono strumenti specifici, gratuiti, facilmente reperibili sul web tipo  www.wetransfer.com
Altrimenti riduciamo le immagini che vogliamo spedire a meno di 1 mega. Apriamole per esempio con il visualizzatore immagini di windows (basterà premere il tasto destro del mouse e ci apparirà tra le opzioni) –  il pulsante “posta elettronica” è lì, ben visibile e facile da usare.

Ultima cosa… Rispondiamo alle e–mail!
Anche a quelle che non riteniamo importanti. Certo, qualcosa può scappare, ma ricordiamoci che una risposta pronta aumenta la nostra credibilità.

Intanto perché non farci una bella telefonata?!
Sì! Col nostro telefonino che tra poco ci fa anche il caffè ma che usiamo sempre meno per telefonare.
Ottima idea!
Soprattutto se pensiamo di chiamare famigliari e amici.
Per lavoro invece, potrebbe non essere sempre conveniente chiamare direttamente al cellulare la persona che stiamo cercando. Soprattutto se non la conosciamo bene. Potremmo capitare in un brutto momento e non ricevere le risposte che vorremmo.
Secondo me sarà sempre più utile di questi tempi farsi precedere da un sms chiedendo di poter chiamare. Almeno per quelli di cui abbiamo il cellulare ma con cui non andiamo a ballare!
Un po’ come bussare prima  di aprire  una porta.

Ecco!

Solo qualche riflessione personale. Ognuno ha le sue preferenze, la sua sensibilità e conosce bene i destinatari delle proprie esternazioni.
Teniamo solo in conto che il panorama degli strumenti a disposizione cambia ogni giorno e con esso anche il colore dei nostri messaggi e delle nostre conversazioni.
Alla prossima con skype, piccioni e segnali di fumo!

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Se pensate di inviare una newsletter ai vostri futuri clienti potremmo pensarci insieme.

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Chiamami!
Anche senza farti precedere da un sms! ;–)

 

FOTOGRAFIE PER IL WEB

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Come devono essere le fotografie del nostro sito?
Certamente belle! Devono essere nostre o quanto meno dovremo averne acquistato i diritti e poi devono essere leggere da caricare.
L’ideale è scattarle personalmente o farle fare da un fotografo di nostra fiducia.
Per quanto riguarda il peso dell’immagine da caricare ricordiamoci di  non superare i 200/300 kb.
Ottimizziamo le nostre immagini per il web con l’apposita funzione di Photoshop.
Usiamo i formati più idonei. JPEG per le semplici immagini, GIF per le animazioni e PNG se all’immagine avremo sovrapposto delle scritte.

Fatto questo, cioè fatte delle belle immagini, leggere e nel formato più idoneo dovremo accertarci che siano in linea con la grafica e l’immagine del nostro sito in modo tale che questo rispecchi l’identità della nostra attività.

Ovviamente a questo avremmo dovuto pensarci prima.
Portate pazienza!

Esempio semplice, sito black and white.. Molto elegante se manterremo l’intera gamma dei grigi, che diventerà sempre più aggressivo man mano che tenderemo alla monocromia, alla grafica assoluta del bianco e del nero.
Una scelta che prima o poi tenta tutti. Facciamo attenzione che fondare la propria immagine aziendale sul bianco e nero potrà essere difficile da mantenere nel lungo periodo. Chiediamoci allora se un futuro cambiamento radicale non disorienterà i nostri clienti.

Oltre alla scelta estrema e un po’ banale del bianco e nero, possono esserci altre infinite  strade per dare identità al nostro sito scegliendo un certo tipo di mood per le immagini.
Qualche esempio.

Virare leggermente la tonalità complessiva dell’immagine, dal  seppia integrale così vintage a dominanti azzurre,  viola, gialle rosse, che senza stravolgere le fotografie le caratterizzino leggermente. Guardate le immagini di Tiffany tutte leggermente dominate dall’azzurro–acqua.

Saturare i colori. Anche qui possiamo intervenire  calcando la mano ai limiti della pop–art o rendendo solo leggermente più intense le tonalità naturali.

Ovviamente un’altra strada è quella di fare esattamente il contrario: desaturare. Rendere le immagini leggermente scariche o arrivare quasi al bianco e nero con tonalità di colore pallidissime.
Agire sui colori in modo sistematico non è l’unica strada per dare identità al nostro sito e alla nostra azienda.
Il formato, l’inquadratura, il taglio delle nostre fotografie sono strumenti altrettanto efficaci.
Formati quadrati, così utili e di moda (Instagram docet) ultra –verticali (sconsigliati per via dello scroll) o super–orizzontali (molto più graditi) potranno rendere molto particolare l’esperienza visiva  al visitatore del nostro sito. A questo potremo aggiungere inquadrature deformate dai grandangoli sui primissimi piani, sfocature controllate, inquadrature ruotate, effetti di movimento…

Insomma abbiamo una gamma infinita di strumenti per usare in modo personale le immagini e rendere se non unico almeno molto riconoscibile il nostro sito.

Se decidiamo di scegliere la strada dell’effetto esagerato, non spaventiamoci, potrebbe essere quella giusta, pensiamo soltanto se siamo in grado di mantenere la stessa rotta almeno per un po’.

Realizziamo insieme le fotografie che comunicano il nostro lavoro.

CONTATTAMI

Dieci regali

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Oggi pensavo a dei regali.
A qualcosa di bello,  di originale da regalare e ho pensato che in tanti  forse volevamo comunicare le stesse cose.
Per far pensare a noi, per le persone che amiamo.
Per comunicare l’essenza della nostra azienda ai nostri clienti.
Allora ho messo giù una lista dei regali che farei. In realtà questa lista sbilenca non dà delle vere indicazioni.
Sono piuttosto delle suggestioni che potranno indicare un metodo nuovo con risultati diversi per ciascuno di noi.

Pensavo che mi piacerebbe regalare:

1 – Un sasso grande, ovale, o dalle forme strane, che sembri una grossa mela o un cuore.
Da mettere in una bella scatola di legno e regalare come fermaporte, fermacarte, ferma ricordi.

2 – Un libro già letto di cui abbiamo sottolineato le frasi più belle.
Può essere un regalo molto personale ma anche divertente, malizioso o semplicemente istruttivo.
Irrinunciabile una dedica di almeno dieci righe.

3 –Una canzone che ci ronza nella testa adesso! 
Da acquistare nel web e regalare on–line scegliendo anche l’attimo in cui  verrà ricevuta. Ovviamente con una bella dedica!

4–  Un bicchiere, una tazza, un piccolo vaso di vetro. Semplici o coloratissimi, da acquistare nella vetreria artigiana a Murano o su una bancarella. Suggerendo di usare il nostro bellissimo contenitore come un portamatite.

5 – Una nostra foto, o quella della persona a cui vogliamo fare il regalo, o assieme… o una foto che sapete provocherà belle emozioni.
La foto deve essere bellissima! Da stampare su di un materiale insolito… Pensateci!

6 – Una maglietta! Anche se non è proprio originale.
Bianca o nera, oppure rossa o viola, ma anche gialla che avremo macchiato e bucato pensando al futuro possessore del magico… unico indumento. Packaging? Multiball trasparente sottovuoto!

7 – Una vecchia scatola di latta, quella dei biscotti di una volta.
Ma che sia originale e trasudi il suo tempo. Riempiamola di malinconia, di foulard  kitsch, di bigliettini con frasi sibilline da estrarre all’occorrenza di un consiglio bislacco o illuminante.

8 – Uno specchio rotondo o quadrato.
Su cui scrivere con vernici indelebili una dedica, un pensiero su cui… riflettere.
Qui il contenuto, il pensiero e la grafica sono importanti.
Usate la vostra calligrafia, scrivendo di getto.

9 – Regaliamo un oggetto qualunque della nostra casa.
Una cosa che ci fa compagnia da tempo. Un oggetto che il destinatario del regalo conosce e a già mostrato di apprezzare. Una piccola lampada, un soprammobile, un cuscino, uno sgabello, un piccolo contenitore, un tavolinetto. Qualcosa che comunque parlerà di noi.

10 – Un piccolo sasso di fiume.
Un sasso ovale o dalle forme strane, che possa sembrare un animale oppure a forma di cuore, o di nuvola.
Buchiamolo, non è difficile. Infiliamolo in un cordoncino o in una catena e mettiamolo in una bella scatola di legno e regaliamolo come fosse un gioiello. Una lunga dedica è indispensabile.

Cosa avete regalato di veramente insolito?
Quante strane occasioni ci sono per pensare a un regalo.

Vi capita mai di voler regalare qualcosa ai vostri clienti per comunicare l’essenza della vostra azienda?
Potremmo farlo assieme.
Qualche volta basta davvero un pensiero.

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