fbpx

Articoli

C’ERA UNA VOLTA…

c'era-una-volta_

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

C’era una volta…
un uomo che salì su un albero e lì lo colse la tempesta…

C’era una volta un uomo, una donna, una famiglia…  le storie delle nostre imprese iniziano spesso così.
Saper raccontare la storia della nostra azienda può aiutarci a farla crescere.
Ci sono luoghi diversi dove funziona raccontare la propria azienda. Come introduzione al catalogo dei prodotti, nella home del sito, nei post sul blog o su Facebook, nei meeting aziendali, nei video su Youtube, nel breve spazio di un tweet, in una presentazione formale… e in un mucchio di altre situazioni fisiche e virtuali. Se sono tante le occasioni sono ancora di più i modi in cui sciorinare la narrazione. Alcune volte ci toccherà raccontare la storia dall’inizio, dalla fondazione dell’impresa o addirittura prima, quando succedevano gli eventi che avrebbero portato alla sua nascita. Altre volte sarà meglio raccontare episodi salienti della vita aziendale, episodi drammatici o comici, momenti epici di cui andar fieri e mezzi disastri che riusciamo a guardare solo perché offuscati dal velo del tempo. Altre volte ancora saranno i prodotti al centro delle nostre storie.
Qualunque sia il focus del nostro racconto, l’obiettivo sarà sempre lo stesso – EMOZIONARE –
Come si fa?!
Non è sempre e solo una questione di capacità personali, di avere o meno il dono dell’affabulazione. Esistono delle regole, delle situazioni chiave, delle funzioni che si ripetono in ogni storia. Il famoso linguista russo Vladimir Propp, nel suo “La morfologia della Fiaba” fissa uno schema in 4 punti in cui si svolgono tutte le fiabe secondo una sequenza di 31 funzioni dai tempi inalterabili. Senza dover studiare il ponderoso volume di Propp, è illuminante dare un occhio alle sue 31 funzioni, e ancora di più giocherellare con le carte che l’artista e designer Bruno Munari ne ha tratto per invogliare i bambini a creare le loro storie. Non ve le copio–incollo qui sotto. Se ne avrete voglia, se il momento sarà quello giusto, le troverete facilmente.

Sono solo uno spunto per immaginare un modo nuovo di raccontarsi.
Attenzione!!!
Non vi sto invogliando a raccontare una serie infinita di balle!
La verità è sempre molto più interessante. Si tratta solo di guardarla attraverso nuovi filtri.
Anche noi potremo raccontare le nostre storie aziendali, i nostri prodotti, come fossero fiabe… a volte leggere e a volte truculente, ma sempre a lieto fine!

COMUNICARE SAN VALENTINO

amour-san-valentino

 

Tra due settimane esatte è San Valentino. Approfittiamo di questo evento per dare visibilità al nostro marchio e vendere i nostri prodotti.

Come approfittare dell’occasione per pubblicizzare sui social i nostri articoli supersanvalentinosi?
Che tono usare?
Che immagini postare?

La regola dovrebbe essere: sparigliare le carte, introdurre sorprese, far sobbalzare chi si aspetta sempre i soliti cuoricini rosa. Ci sono tanti modi diversi di farlo, di sorprendere ed emozionare… e poi ci sono anche tanti modi diversi di star dentro la tradizione usando i simboli dell’amore in modo meno mieloso e scrivendo cose interessanti con il tono adatto alla nostra azienda.

Ognuno sceglierà il modo più appropriato per dire Buon San Valentino… ma se per caso avete pensato al sesso…
Si può essere piccanti in tanti modi e ognuno troverà quello più adatto.

Non tutti hanno la fortuna di essere Chupa Chups, l’azienda spagnola di lecca lecca che l’anno scorso ha avuto gioco facile all’insegna di un imperativo  “ A San Valentino si Chupa!”
Anche noi però che produciamo e vendiamo oggetti forse meno intriganti sul versante dell’eros, abbiamo le nostre frecce da giocare.

Per il mondo dell’arredo va bene tutto, meglio quelli che hanno in catalogo un divanetto d’amore (scomodissimo!),
letti a baldacchino o fantastici, sciabordanti letti ad acqua dove il motto verdoniano “famolo strano” potrà alternarsi a qualche verso rubato alle poesie proibite di Catullo. Il poeta latino sarà più elegante ma decisamente più scabroso.

Il mondo dei gioielli deve gran parte della sua fortuna a cupido ed eros. Le immagini saranno un tripudio di forme morbide e tagli appena oltre il consentito. Collane lunghissime, scollature, labbra e mani bramose non soltanto di diamanti. A commento la solita Anaïs Nin del “Delta di Venere” tutta perle, labbra e…
Ninnoli e oggetti dalle forme quasi esplicite riempiono senza che ce ne siamo mai accorti le nostre collezioni. Fotografiamoli da vicino approfittando della curva di una spalla, di un seno, di un’anca… e accompagnamoli con la descrizione minuziosa della lucentezza sensuale della loro superficie.

L’erotismo è una fetta importante dell’amore.
Conosciamo tutti il limite oltre il quale il nostro target non gradisce più.
Alla provocazione patinata potremmo sostituire ironia e humor che riescono bene a sdrammatizzare la potenza del sesso trasformandola in energia liberatoria, sorrisi e risate di cui è fatto l’amore al pari delle ombre scure del desiderio.
Anziché Valentina di Crepax, già diventata testimonial dell’intimo più audace, useremo un repertorio da “I dolori del giovane Walter” alla Luciana Littizzetto, dove la Jolanda ha il suo bel da fare.
Perché non dare il via ad un bel conto alla rovescia da qui al 14 febbraio parafrasando ogni giorno un’estemporanea performance da Kamasutra?!

Basta un po’ di fantasia, saper dosare gli ingredienti senza calcare troppo la mano e forse riusciremo a  trovare un po’ di visibilità anche a San Valentino evitando di finire nella sterminata foresta di cuoricini rosa dove tutto si assomiglia.

Ogni occasione è buona per dare risalto al nostro  marchio e ai nostri prodotti in internet, sui social, e nel mondo vero, quello fatto di abbracci, spritz, corse e birrette in compagnia. Qualcuna si confà di più alla nostra attività, qualche altra meno.
Approfittiamone in modo intelligente.

LA CONFEZIONE DEI REGALI DI NATALE

la-confezioneQualsiasi regalo abbiate in mente di fare sappiate che la confezione è importante almeno quanto il regalo.
Questo se il regalo non dovete farlo ad un amico o a un cliente giapponese.  In  quel caso la confezione diventa  infinitamente più importante del regalo.
Almeno una volta dovremo regalare bellissime scatole vuote come fossimo in Giappone.
E se invece si è scelto il solito maglione, un libro, una cravatta, un gioiello, il telefonino o un videogioco… Che fare?!
Non importa il regalo, l’importante è la confezione!
Il nostro regalo dovrà far venir voglia di fotografarlo prima di aprirlo e quasi, quasi lasciar spazio alla tentazione di non aprirlo proprio per evitare di profanare la nostra composizione.
Non pensate neanche per un attimo a rametti di pino, carte rosse e dorate, stelline, fiori, nastri…  o ad altri ammennicoli del repertorio natalizio.
Useremo fogli di pluriball  trasparenti o neri, oro se proprio non sapremo resistere ai colori natalizi.
Sacchi di iuta al profumo di caffè.
Fogli di giornale, puri e semplici quotidiani. Certo fanno più figo i titoli prestigiosi di The Times, Der Spiegel, Washington Post, Le Figaro e i caratteri esotici di quotidiani arabi, russi o cinesi.
Sciarpe, plaid e berretti potrebbero adattarsi a contenere il nostro cadeau, regalo nel regalo.
Farà la differenza un dettaglio, una macchia di colore, un profumo, un grosso bottone colorato, l’iniziale del destinatario grande e lucida.
E i pacchi aziendali?
Le fatidiche confezioni regalo destinate a dipendenti e clienti disegnano una gerarchia di lustrini inversamente proporzionale al valore del loro contenuto, sempre, assolutamente anonimo.
La personalizzazione minima?
Il biglietto, una frase, la firma del titolare.

GADGET EMOZIONALI

gadget_emozionali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il gadget aziendale è La ciliegina sulla torta di fiere, presentazioni, feste e di tutti gli eventi in cui l’azienda vuole farsi ricordare. Scegliere il gadget vuol dire decidere quale immagine di noi si porteranno a casa i nostri clienti e tutto il nostro pubblico.

Le penne biro sono banali, col logo stampato un po’ come viene, che ci regalano tutti in ogni occasione.
Non impazzisco quando mi regalano le bic anche se non ce l’ho con quei due gran geni di Bich e Birò!
Viva le matite e i tratto-pen neri tutta la vita!

I gadget non dovrebbero mai essere delle cose utili, o per lo meno non dovrebbe essere il loro pregio principale.
Il regalo, qualsiasi regalo, deve emozionare! È quello il suo valore!

Se proprio dobbiamo  regalare uno strumento per scrivere, una penna col logo della nostra azienda stampato sopra che sia…
una penna d’oca
una cannuccia dal pennino mai visto
gessetti rotondi, carboncini e sanguigne…
matitoni tozzi o matite sottili, sottili…
chiodi per incidere,
matite da segno, rosse e piatte da murari!

I nostri GADGET EMOZIONALI potranno essere…
tavolette di cioccolato nero ricoperte d’oro,
microassaggi di prelibatezze impensabili e… non deteriorabili!
palline da sciogliere in bocca,
nuvole di profumo appese ad un filo…
mele azzurre,
cortecce,
semi
e bacche di vaniglia

O magari…
sassi bucati,
farfalle di carta che volano davvero,
anelli di legno,
strane borse di pezza o di tyvek nero,
cucchiaini curvati,
bulloni colorati,
tattoo rimovibili,
biglietti parlanti e carte tarocche…

Alla fine…  diamogli un bel nome… e
tiriamo fuori dal cilindro una confezione originale!
Il packaging trasformerà il nostro regalo in una sorpresa. Facciamo correre la fantasia, usiamo materiali poveri in modi inusuali.
Osiamo!

Mancano sessantasei giorni a natale, 66, più di due mesi.
Quanti ne mancano alla prossima Fiera dove ci toccherà mostrare la faccia?
Abbiamo ancora un po’ di tempo.
Pensiamoci, guardiamoci intorno e…  ricordiamoci di farci ricordare!

INVITARE AGLI EVENTI

invitare-agli-eventi_d

 

Chiamare a raccolta il pubblico dei nostri eventi, cene,  fiere, presentazioni, feste, degustazioni, inaugurazioni e… chi più ne ha più ne metta… non è un’azione banale come sembra.

Anche l’invito, se fatto bene, aumenterà il successo della nostra manifestazione.

Cosa fare?

Inventiamo un titolo stuzzicante. Dipenderà dal tipo di appuntamento, di cui dovrà sottolineare il tono. Scriviamolo in grande che sia immediatamente leggibile.

Scegliamo un’immagine che dica già tutto… o viceversa un segno che stupisca o incuriosisca.

Titolo e immagine saranno gli stessi per tutte le azioni di comunicazione, anzi, parleremo di vera e propria immagine coordinata dell’evento. Un’immagine che dovrà rispettare e richiamare l’identità di chi lo promuove.

Ricordiamoci di scrivere le cose essenziali. Oltre al titolo, la località precisa con via e numero civico, visto che oggi ci arriviamo tutti col navigatore o portati dallo smartphone. L’indirizzo e–mail e il numero di telefono sono indispensabili se chiediamo conferma della partecipazione aggiungendo a piè di pagina RSVP (Répondez, s’il vous plaît)

Per comporre il nostro invito, come per il manifesto e il resto, non useremo più di due Font, possibilmente semplici e leggibili.

Due modi per inviare l’invito e due mondi con variabili pressoché infinite: per posta dentro una bella busta di carta o via email…  i piccioni viaggiatori e la posta pneumatica non contano.
Tralascio di affrontare le infinite variabili cartacee, tutte bellissime e molto più costose. Se inviamo l’invito via email possiamo arrangiarci con il nostro programma di posta, oppure affidarci a programmi di email marketing nel caso di una mailing–list affollata come piazza del duomo e la necessità di avere un formato più professionale.

Se ci arrangiamo con google o altro programma di posta dovremo far attenzione alla qualità e al peso delle immagini che alleghiamo. Inutile dire che più sono leggere e meglio è, in ogni caso cerchiamo di non superare il megabyte.
Per quanto riguarda la qualità, se l’immagine contiene del testo, scegliamo i formati PDF o PNG che consentono una lettura più nitida degli elementi grafici rispetto al più usato formato JPEG.

Ci sono tanti altri modi di invitare amici e clienti o potenziali clienti ai nostri eventi. Anche modi meno formali e più veloci. Google ci mette a disposizione Calendar  e Facebook ci dà la possibilità di creare il nostro evento, di pubblicizzarlo e di invitare chi vogliamo. Possiamo creare un gruppo su  whatsapp e inviare ad ogni membro un’immagine o un  piccolo video.

Se la nostra manifestazione avrà un tono molto formale dovremo usare dei toni sobri, che non vuol dire  non si possa essere anche molto originali.
Se vorremo dare un tono esclusivo al nostro evento non ci affideremo ai social per pubblicizzarlo e invieremo gli inviti in forma cartacea per posta. A questi affiancheremo eleganti inviti digitali inviati via email.

Se invece vorremo dare la massima visibilità possibile invieremo inviti via email e useremo tutti i canali social per pubblicizzare l’evento.

In ogni caso il nostro invito dovrà avere carattere ed essere chiaro.

CREATIVITÁ e COMMITTENZA

[su_posts]creativita

 

Spesso chi cerca creatività non sa bene cosa cerca, non ha un’idea chiara di cosa sia la creatività e a cosa serva.

Capita che il committente scarichi tutta la responsabilità del fallimento sui creativi di turno, rei di non aver capito e di non essersi fatti capire.
Il recente exploit della ministra Lorenzin per il Fertility Day ne è un esempio lampante.
Dopo una campagna di comunicazione indegna, di fronte alle generali rimostranze, la Lorenzin prima licenzia il direttore della comunicazione del Ministero e poi, intervistata in TV butta lì la richiesta ai creativi che la criticano – se son così bravi –  di farsi avanti a far proposte…
Gratis! Ovviamente.

Tante volte il lavoro creativo viene visto come un’attività per fuoriditesta, o quando va bene per farfalloni provocatori che spesso amano vestirsi da cretini e passare il tempo divertendosi a spararle grosse. Gente che vive d’aria e si diverte così tanto che sembra davvero troppo doverla anche pagare!Invece dovrebbe essere chiaro che la creatività è un lavoro, non c’entrano genialate un tanto al chilo o invenzioni strane. La creativitá è fatta da vocazione, talento, professionalità, ricerca, studio, sperimentazione ed è una cosa utile, che serve…
Sì, serve! Non esiste la creatività inutile.
Serve per creare bellezza e non c’è cosa più utile della bellezza. Non tanto per dire. La bellezza, le cose belle, una comunicazione “bella”, sono tutte cose che fanno vendere… oltre che a rendere piacevole la vita.
Serve per fare innovazione, quella cosa che ci fa andare avanti e ci fa emozionare. Siamo tutti attratti dal nuovo.
Serve per comunicare in modo efficace e tutti sappiamo quanto sia importante far arrivare il messaggio giusto al nostro pubblico.

La creatività è un lavoro serio che va pagato, per quanto sia cara costerà sempre meno degli spazi e dei tempi necessari per produrla e trasmetterla: costi di produzione, di commercializzazione, di stampa, pagine di giornali, spazi televisivi… Il successo o il fallimento di un prodotto o di una campagna di comunicazione lo fa prima di tutto la creatività.

Il committente, gli imprenditori o gli amministratori pubblici che cercano e chiedono creatività devono essere all’altezza di quello che vogliono. È il committente che deve definire gli obiettivi e scegliere i creativi con cui lavorare. È Lui che alla fine riconosce la qualità del progetto creativo, dà l’OK e lo mette in produzione.
La responsabilità di un bel progetto di design o di una buona comunicazione è sempre divisibile a metà tra il committente e i creativi che a scelto.

Mi piace lavorare quando c’è affinità, quando è facile capirsi, quando è ben chiaro a tutti dove si vuole arrivare, quando si ha l’umiltà di condividere la strada e la capacità di percorrerla insieme.

RACCONTARE LA VERITÁ e VENDERE

RACCONTARE-LA-VERITÁ-E-VENDERE_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’altro giorno discutevo con un cliente dei vantaggi di raccontare il suo lavoro mettendo in luce anche i lati meno appariscenti della sua attività.  Mettiti in gioco –  gli dicevo  –  parla di te, di come sei arrivato a fare questo lavoro, delle persone che ti circondano e che formano la rete di relazioni della tua azienda.
Parla della magia, dell’emozione di veder nascere le tue creazioni mettendo insieme la forza della natura e le competenze di così  tante persone.
Lui mi guardava, annuiva, approvava, ne parlavamo da un sacco di tempo, ma era percepibile in modo quasi fisico la sua ritrosia a mettere in piazza l’anima della sua azienda, la sua anima.
Per raccontarsi, fare storytelling, occorre mettere in gioco una quantità di energie infinitamente più grande di quello che occorreva per fare la cara vecchia pubblicità. Che non è morta eh!  Può servire ancora sparare uno slogan, mettere una bella foto e comprare un po’ di spazi dove pubblicarli, ma non basta più. In fin dei conti non è mai bastato. Quelli come me che si ricordano di Carosello hanno ben presente di cosa voglia dire raccontare una storia, far nascere un’emozione, far ridere e far piangere.
Raccontare del proprio lavoro, i progetti, la ricerca, i materiali, la produzione, le litigate, l’amore… che stanno dietro a una sedia, un gioiello, una bottiglia di vino… può essere fatto in migliaia di modi diversi. Mettendoci la faccia e parlando dei propri sogni, della propria famiglia, dei calli sulle mani, oppure inventando un simpatico personaggio protagonista di episodi illuminanti. Oppure tutte e due le cose messe insieme. Facendo parlare il nostro prodotto più loquace, oppure…
Quante scelte da fare!
Quasi, quasi mi ritrovo a raccontare delle cose che mi tocca scegliere ogni minuto, le parole, i materiali, i colori, le forme, il tono. Scegliere la carta e quel font, scegliere la foto, tagliarla, impaginarla, provare, fare un modellino, discutere e ridiscutere… buttare via tutto e mandare tutti a quel paese per ricominciare a scegliere.

Raccontarsi serve ad avvicinarci al nostro pubblico, ai nostri clienti, a far cadere le barriere, a far crescere la fiducia, a rendere duraturi i rapporti. Serve a mostrare i nostri prodotti attraverso il velo magico delle emozioni, serve a vestirli della nostra creatività, della nostra fatica, del nostro cuore… e serve a venderli.

Raccontiamo la verità! Vestiamola come vogliamo ma che sia la verità.
Al tempo del web, di Facebook, di Instagram, dei blog e delle newsletter c’è una sola cosa capace di distruggere tutti i nostri racconti e di trasformare lo storytelling in un boomerang, quella falsità che si percepisce immediatamente così  fastidiosa com’è… come una manciata di sabbia nelle mutande.

ho fatto un sogno

Ho fatto un sogno…
Stanotte ho sognato un tavolo… nero, bianco o di rovere chiaro
Come ali che si piegano in volo
sottile e solido
un tavolo fatto di sei lastre tenute insieme solo dal loro peso
un grande tavolo da pranzo quadrato… lungo… stretto…  o rotondo
un tavolo da poter riporre in soli 5 cm di spessore
Un tavolo pesante e un tavolo leggero
Era solo un sogno di lavoro.
Del resto c’è chi fa cene di lavoro, meeting e viaggi di lavoro.
Io ho solo disegnato un tavolo in un sogno di lavoro.
Non è che volessi per forza fare un tavolo da sogno
Ma era un sogno, solo un sogno

Mi sono svegliato, ho tirato tre righe, fatto due conti e quasi,
quasi va a finire che i sogni si realizzano
A qualcuno interessa realizzare un sogno?!

I sogni li realizzo con gli occhi ben aperti e in genere sono i vostri sogni.
Un tavolo di legno o d’acciaio, un flacone di plastica, gioielli da sogno…

L’immagine della tua azienda e i tuoi progetti di comunicazione
sono sogni da realizzare.

IDEE DA FIERA

LO-SPAZIO-PER--MOSTRARSI_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo il Vinitaly e il Salone del Mobile butto lì qualche riflessione, idee da fiera,  per ripensare al nostro stand.
Le due grandi kermesse di Verona e Milano ci hanno mostrato ancora una volta tutto il loro fascino e l’importanza che rivestono nei rispettivi settori per i mercati mondiali.
Come abbiamo partecipato?
Ci siamo messi in mostra mostrando il nostro lato migliore?
Le Fiere sono come i Teatri, ci andiamo per vedere lo spettacolo, per mostrare le nostre merci, ma soprattutto per mettere in mostra il nostro marchio, la nostra azienda.

Ecco qualche idea per rendere più visibile la nostra presenza  e più proficua la nostra partecipazione.

–  COLORI
I nostri colori aziendali devono essere ben visibili. Meglio se il colore è uno solo e riveste la facciata principale se non tutto lo stand, pulito, ben illuminato e “marchiato” dal logo aziendale.
Fate una prova, allontanatevi, portatevi in fondo al corridoio e guardate se la macchia colorata del vostro risalta in mezzo a tutti gli altri.

Il nostro LOGO sarà sicuramente bellissimo, semplice e di lettura immediata. Usiamolo in modo corretto disponendolo poco sopra l’altezza delle persone e su ogni lato dello stand.
Ricordiamoci di illuminarlo bene!

–  Un gadget d’oro.
No, non d’oro davvero! Ma prezioso sì nel farvi ricordare a chi l’avete regalato.
Meglio un oggetto da indossare e portare in giro per la fiera che moltiplichi la domanda: “Ma dove l’hai preso?!”

–  Un bel biglietto da visita.
Non dimentichiamoci di abbondare con la cancelleria, blocchi, penne, copie commissione…  tutto ciò è indispensabile come il biglietto da visita di chi farà poi da referente ai visitatori. Per biglietto da visita ovviamente consideriamo tutti gli stampati che ci presentino al meglio.

–  GRAFICA, Semplicità e chiarezza prima di tutto!
Il LOGO come abbiamo già visto e una breve scritta che dica quel che facciamo. Se invece puntiamo all’effetto sorpresa, al…  “Bellissimo! Ma che fanno questi?!”  dobbiamo essere certi che il gioco funzioni.

–  IDEE LUMINOSE
Usare la luce in modo non banale, senza appiattire tutto.
È lo strumento più efficace per renderci visibili. Non solo lampade, flash e immagini retroilluminate ma anche video e proiezioni per rendere “viva” la nostra presenza.

– ESSERCI
A proposito di rendere viva la nostra presenza, non abbandoniamo lo stand a se stesso. Per quanto possa essere bello e riesca a solleticare la curiosità dei visitatori non c’è nulla che sostituisca un sorriso.

– Vedere ma anche…  gustare, toccare, sentire.
Ci hanno visti? Perfetto! Ora sarebbe bellissimo che il nostro pubblico potesse gustare, toccare e sentire qualcosa di indimenticabile. Un profumo unico, una pralina dal gusto sorprendente, superfici inusuali su cui far correre le dita.

–  Creiamo l’EFFETTO “Wow!!!“
Alla fine è quello che cerchiamo tutti, basta uscire dagli schemi con coraggio affrontando il troppo e il troppo poco.

IL PRODOTTO DA GIOVANI

IL-PRODOTTO-DA-GIOVANI_634

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il prodotto da giovani non esiste!
Mi capita tutti i giorni di discutere del pubblico a cui è diretto un certo prodotto. Per semplificare, oggetto di lusso, della tradizione, fattura artigianale, prezzo elevato… il target è tra i quaranta e i sessanta, viceversa easy, modaiolo, di fattura industriale, slegato dai valori della tradizione, prezzo contenuto…  sarà un prodotto rivolto ad un target tra i 18 e i trenta/quarant’anni.
Troppo semplice!

Il ragionamento appena fatto sembra lapalissiano ma non lo è per niente. Il dato anagrafico oggi coincide solo marginalmente con le capacità di spesa e con i valori di riferimento. C’è un gran rimescolamento di ruoli, di valori, di necessità da appagare.
A prescindere dal portafogli, infatti per ogni fascia di mercato le logiche si ripetono, dalla fine degli anni sessanta la “giovinezza”, l’essere, l’apparire o l’essere considerati “giovani” è diventato un valore assoluto che se ne abbia consapevolezza o meno.
Figli tra i 18 e i trent’anni e genitori con venti trent’anni di più, frequentiamo gli stessi locali, ci vestiamo allo stesso modo, mangiamo e beviamo le stesse cose, facciamo vacanze simili.
Addirittura negli ultimi dieci anni ci siamo scambiati di posto. I ragazzini arcistufi di condividere jeans stracciati e scarpe da ginnastica con papà e mamma hanno iniziato a vestirsi e ad atteggiarsi come gli idoli dei nonni riempiendo le strade di cloni di Audrey Hepburn e Gregory Peck  sullo sfondo di una rediviva filosofia/moda/cultura hipster e rimescolando tutto.
Noi genitori non ci siamo lasciati spiazzare. In un secondo ci siamo buttati in questo tritamode prendendo quello che piaceva di più, le cose più facili… barbe, ciuffi e andandoci a riprendere le camicie a quadri sottratte dai nostri figli ai nostri genitori  appena l’altro ieri.
Poveri ragazzi, tutto inutile. Vogliamo essere sempre giovani. Qualsiasi nuova moda inventiate o riesumiate dalle nostre cassepanche sarà immediatamente anche la nostra.
Cari stilisti, designer, chef stellati, inventori di carabattole e artigiani inarrivabili…  Sia che s’inventi un aggeggio di plastica fluo o che si lavorino materiali nobilissimi con perizia manuale eccelsa l’obiettivo dovrà essere lo stesso:  farci sentire tutti… ggggiovani!
Quindi non esiste il “prodotto da giovani”.
O forse sì!
Di certo sono quelli comprati dagli ultracinquantenni.

Per disegnare e comunicare i valori del tuo prodotto occorre riflettere sull’identità della tua azienda, sui tuoi valori. Occorre essere veri.
Se vuoi, possiamo lavorarci insieme.

× Contattami