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STRATEGIE OBLIQUE

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Ho parlato spesso delle Strategie Oblique, è un mio pallino lo ammetto!

Nel 1975 Brian Eno e Peter Schmidt realizzarono un mazzo di 124 carte chiamate Oblique Strategy, «strategie oblique». Su ciascuna carta era scritta una frase, tipo Imprevisti e Probabilità del Monopoli, da usare per ovviare a  blocchi creativi ed esplorare nuove strade.
Chi è bravo può creare le sue personalissime  “Strategie Oblique”, l’importante è che non siano semplici istruzioni ma suggestioni spiazzanti buone da applicare in qualsiasi situazione.
Chi invece vuole provare subito può leggere una delle frasi contenute nelle carte originali di Brian Eno e Peter Schmidt semplicemente cliccando su www.joshharrison.net/oblique-strategies

Uso spesso scegliere una carta dalla scatolina nera con la scritta in oro Obliques strategies.
Stamattina ne ho prese sette a caso perché siamo in tanti.
É una sorta di esperimento collettivo!

Vediamo cosa ci riserva il pensiero laterale!

Slow preparation, fast execution
Preparazione lenta, realizzazione veloce.
Che leggo come – pensaci, rifletti, progetta e poi esegui senza indugi – In sostanza il buon Brian ci invita a darci una smossa! Anche se é Venerdì come dargli torto?

You can only make one dot at a time
Puoi fare solo un punto alla volta
Un passo alla volta si fa tutto! Ok! Velocitá e metodo.

Trust in the you of now
Abbi fiducia nel te stesso di adesso.
Con fiducia in se stessi! Ok Brian! Ce la possiamo fare subito!

State the problem as clearly as possible
Esponi il problema nella maniera più chiara possibile.
Facciamo chiarezza! Esponiamo il problema in modo chiaro. Eliminiamo ogni dubbio!

Get your neck massaged
Fatti fare un massaggio al collo.
Credo voglia dire – Vogliatevi bene! – Rilassatevi.

Breathe more deeply
Respira più profondamente
Questa carta sembra proprio collegata a quella precedente, tiriamo un bel respiro profondo e…

Do the last thing first
Fai l’ultima cosa per prima.
Qual’era l’ultima cosa che pensavamo di fare oggi? Ecco! Facciamola subito!

É un giochino scacciapensieri, un modo per pescare una chance di cambiare la giornata, di cambiare il modo di fare il lavoro che abbiamo sottomano, un’opportunitá per uscire dagli schemi e non ripetere sempre le stesse cose.

Rilassiamoci e facciamo piccoli gesti insoliti.

BELLO è UTILE

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Quante volte abbiamo sentito la frase – l’importante è che sia utile, funzionale, non è importante che sia bello! –
Invece il bello è utile, vantaggioso economicamente e assolutamente indispensabile per comunicare l’azienda.

– Fa parlare di sé e si fa vedere.

– Emoziona e fa innamorare.

– É innovativo e stupisce.

– Ha tante cose da raccontare.

– Non è banale.

– Trasmette le capacità dell’azienda,

– e i suoi valori 

– É semplice

– Fa vendere

Realizzare un bel oggetto, un bel logo, un bel depliant o un bel catalogo, un bel sito internet, delle belle fotografie, un bel testo per il blog, per face book o per la tua newsletter… fare le cose bene e far sì che siano belle non costa di più e soprattutto tuoi investimenti in design e comunicazione non saranno controproducenti.

La creatività deve mostrare il progetto che la ispira!

Progettiamo insieme delle cose belle!

SCEGLIERE e RINUNCIARE

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nell’immagine: Gift – Man Ray 1958

 

 

Progettare vuol dire scegliere e rinunciare.
Tocca scegliere continuamente… il carattere con cui stampare un testo, il colore, la forma, il ritmo, il peso…
Ci sono scelte che vengono automatiche perchè è così e stop! Perché quella cosa fa parte del proprio essere e quell’altra  ci è assolutamente estranea.  Capita invece di ritrovarsi impelagati  a non saper che pesci prendere e allora sono guai.

Ecco le mie scelte facili e quelle difficili.

–  Facile scegliere il font di un testo.
Non sopporto i caratteri di scrittura incomprensibili e illeggibili.
Capisco la necessità di innovare o di affermare il proprio carattere ma meglio evitare di scrivere una relazione o uno slogan o qualsiasi altra cosa con un Gothic, magari tutto maiuscolo.
Dovessi sceglierne uno soltanto sarebbe sempre – Helvetica –  in tutte le sue forme.

–  Il NERO.
E’ il non colore, l’assenza di colore.
Mi è difficile farne a meno.
Nero, rosso, Bianco sono colori simbolici imprescindibili.  Poi certo non rinuncerei mai a nessuna sfumatura dell’iride, amo il viola e questo è l’anno di Rose Quartz e Serenity. Parola di Pantone!

– Tra cubo e sfera non saprei cosa scegliere.
L’ellisse e tutti gli ovoidi sono le forme che catturano gli occhi, il tatto, che dialogano meglio con le lame taglienti e le forme appuntite. CURVE… CURVE… CURVE e rette spigolose come lastre di marmo taglienti. Rinuncio alle curve che finiscono subito, alle line che cambiano direzione senza alcun senso, alle forme nate senza progetto.

– Rinuncio agli spazi banali. Quelli dei regolamenti edilizi.
Rinuncio ai fogli formato A4 usati così, senza un perché. Rinuncio agli spazi che funzionano sempre, che van bene come sono e non si sbaglia mai. Mi piacciono corridoi lunghi e stretti come fessure che sfociano in saloni alti come il cielo.
Scelgo gli spazi che emozionano, grandi e piccoli.

–  Mi piacciono le ripetizioni infinite. Le finestre tutte uguali, le parole che si rincorrono, gli alberi in pose innaturali. Che belle le interruzioni a sorpresa, le eccezioni, gli imprevisti, il dilatarsi e il comprimersi dei ritmi.
Non mi piacciono i paragrafi spampanati con l’interlinea automatica.

– Amo i grandi muri bianchi o di cemento liscio lavati da una lama di luce.
Le texture geometriche  e quelle irregolari. Mi piace la decorazione assurda, messa là dove nessuno se la aspetterebbe mai. Non sopporto il ghirigoro usato come un paio di mutande a nascondere quello che non ci è venuto bene.

Qualche mezza certezza  tenuta insieme da tanti anni di lavoro bisogna pur averla. Aver chiaro quello che piace e quello che  proprio non si sopporta.

Stupirsi di un nuovo punto di vista, scoprire che potrebbe essere tutto il contrario.

SE VUOI POSSO AIUTARTI A SCEGLIERE

SCEGLIERE

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Ero lì che non sapevo che pesci prendere, la scelta non era semplice e le opzioni si erano ridotte all’osso. Prendevo un materiale e spendevo una cifra o sceglievo l’altro con mille dubbi sulla reale resa in fase di lavorazione.

Una situazione che si ripete continuamente a fare il creativo di professione.

Sia che tocchi scegliere la carta per il nuovo depliant di un’azienda particolarmente sensibile ai temi della dell’ecologia, sia che si debba trovare il materiale giusto per il pavimento di uno stand fieristico o di un negozio.

Scegliere!  

Farlo velocemente tenendo conto di tutto.
Scegliere il template più adatto per quell’azienda che vuole realizzare il nuovo sito internet su WordPress. Scegliere il tavolo e le sedute più corrette per arredare la sala riunioni, le poltroncine della sala conferenze o della sala d’attesa.

Scegliere la luce giusta!
Prendere le lampade più adatte a ciò che si vuole illuminare e allo spazio che si vuole occupare.

Scegliere l’impostazione grafica che esprima meglio il messaggio che si vuole comunicare.
Le immagini, le parole,  i font, i grassetti e i corsivi, scegliere i colori e l’impaginazione.

Scegliere l’incipit di una storia, il ritmo di un video, il tono di una voce, lo sguardo di una modella, scegliere la musica che commenta le immagini o scegliere il silenzio.

Trovare il posto perfetto per scattare una foto o adattarsi alla solita location.

Usare  un materiale della tradizione o un composto mai visto prima? Innovare a tutti i costi o calibrare l’effetto per rassicurare?

Calibrare il disegno di una curva, disegnare la forma di un oggetto rispondendo alle esigenze ergonomiche, estetiche, economiche…

Ecco!
Scegliere in fretta il meglio tra tutto ciò che è possibile.

Serve esperienza e umiltà, averne provate tante e sapersi fidare di chi magari quella cosa la fa da sempre. Serve coraggio e intuizione per rischiare e innovare.

Bisogna scegliere!

COM’È BELLO ESAGERARE

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Poco meno di un anno fa parlavo di ESAGERARE come tecnica creativa.
Secondo me uno dei modi più proficui di  risultati interessanti nell’affrontare qualsiasi tipo di progetto creativo, sia d’architettura che di productdesign, grafica, packaging… e tutto quello che vi viene in mente.

A esagerare dicevo… non si sbaglia mai!

Ho provato a googlare –  ESAGERARE FA BENE –  e il risultato è stato:
Mai esagerare… Guai a esagerare… Non bisogna esagerare… Attenzione a non esagerare… Tutto fa bene senza esagerare… Basta non esagerare… Va bene, ma non esagerare…

Una litania universale e unidirezionale a favore dell’equilibrio e della misura.

Ok! Per gran parte delle affermazioni sono d’accordo. Pensate che mi sono ridotto ad accettare perfino che la corsa fa bene… ma senza esagerare. Cosa che qualche anno fa avrei attribuito di certo solo a qualche medico fumatore e panzone indivanato!
Tutta colpa dell’età che avanza… ma non intacca certo la mia creatività!

Infatti voglio produrvi un’altra lista di ESAGERAZIONI per arricchire gli spunti forse troppo poetici dell’anno scorso.

–  Una pagina del catalogo, formato A3, tutta bianca con solo una piccola foto 6×6 e una lunga didascalia dal formato tutto da inventare.

–  Un depliant completamente rosso, stampato in rosso, con foto rosse.
Quante tonalità ha il rosso?! (Ma un’eccezione la facciamo!)

–  Un Negozio metà completamente nero… e l’altra metà completamente rosa… (ma poteva essere: pervinca, lilla, salvia, limone… d’oro).

–  Un’esposizione lunghissima dai percorsi labirintici e strettissimi che tocca chiedere permesso per passare anche se siamo solo in due.

–  Un sito internet fatto di segni quasi nascosti e immagini e testi bellissimi quasi impossibili da trovare.
Alla faccia di tutta la SEO del mondo. (che poi ci facciamo trovare lo stesso eh!)

–  Un ambiente grandissimo e bassissimo… e un soffitto pieno di fori da infilarci la testa.

–  Un packaging molle! Completamente viscido e molle. Magari col nostro gioiello immerso in un gel profumato.

–  Una lampada enorme e quasi invisibile da spenta.

–  Una Newsletter  bellissima e illeggibile ma… piena zeppa di call to action!

Pensiamo a come potremmo cambiare un prodotto, una presentazione, un sistema espositivo, un packaging… esagerando in qualcosa.
Come sempre, esagerare comporta capacità di rinuncia, ci vuole coerenza e rigore.

Visto che si parlava di call to action, ve ne chiedo una piccola piccola di azione.
Se vi piace, e solo in quel caso… mettetemi un MI PIACE sulla pagina Facebook.

 

 

Un anno fa avevo scritto  IDEE ESAGERATE

IL CLIENTE NON È SOLO QUELLO CHE PAGA

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La committenza, il cliente non è solo quello che paga!
Per un creativo il cliente è molto di più.
Perché diciamocelo… possiamo essere i creativi più bravi del pianeta ma senza un committente che scelga il nostro lavoro non facciamo proprio niente.
E questo molto al di là delle pur importanti questioni economiche.
Certo il cliente è quello che paga il nostro lavoro… ma fa molto di più.
Tanto che, secondo me, se un committente adempie fino in fondo al suo ruolo dobbiamo riconoscergli almeno metà del merito del successo del nostro lavoro.

Prima di tutto ci valuta e ci sceglie… e spesso lo fa non solo dopo aver valutato il nostro curriculum ma il più delle volte anche in base ad una sorta di sesto senso, di feeling magico che nasce chissà come.
Ed è proprio grazie a questo rapporto particolare che è possibile dirsi le cose in faccia, magari litigare duro per arrivare alla fine ad ottenere qualcosa che probabilmente nessuno dei due all’inizio avrebbe immaginato.

Se non c’è questo feeling meglio lasciar perdere che di rogne ne abbiamo già lo stesso tutti in abbondanza.

Poi il cliente, quando è il momento, deve saper scegliere e decidere.
Aiutato, supportato dal nostro lavoro e dai nostri consigli ma deve sapersi accollare le responsabilità che gli competono
Anche la scelta di lasciare carta bianca al creativo di turno è una scelta. Una scelta, secondo me, il più delle volte sbagliata, ma pur sempre una opzione rispettabile se fatta consapevolmente.
Una scelta sbagliata perché così facendo il committente rinuncia ad un bel viaggio in compagnia del creativo che ha scelto e si perde la possibilità di capire, di discutere le scelte, di impare e di insegnare.

Una scelta impossibile quando si affronta il progetto e la messa in produzione di un nuovo prodotto.
Ho disegnato di tutto, dal cucchiaio alla città si diceva per darsi delle arie una volta. Certo ho messo un po’ di me in… case… uffici, interni, mobili di tutti i tipi, gioielli a go–go, sistemi espositivi, stand, progetti grafici e di comunicazione… ma non sarei mai riuscito a rendere credibile il mio lavoro senza uno scambio continuo di conoscenze e di idee con il “paròn” dell’azienda, con gli operai e gli artigiani e con tutti quelli che da sempre conoscono il “come si fa”.

La riuscita di un buon edificio, di un mobile bello e funzionale o solo semplicemente emozionante, di un oggetto che funziona e che avrà un mercato è dovuta alla capacità di dialogare tra progettista, committente e maestranze tecniche.
E questo funziona sempre per ogni rapporto tra creativi e aziende…

Giusto stamattina me ne stavo incantato ad ascoltare uno degli imprenditori orafi con cui collaboro raccontarmi di dettagli tecnici, di lavorazioni straordinarie… a metà della chiacchierata la battuta fulminante di uno degli artigiani che creano le sue splendide collezioni…
Basta che alla fine siamo d’accordo!
Ecco sì, discutiamo, scambiamoci informazioni e cresciamo insieme cercando una soluzione che soddisfi tutti.

Scegliamoci bene!

Leggi anche:  “Ancora sulla creatività, ovvero l’arte di scegliere”

STRATEGIE OBLIQUE E PENSIERO LATERALE

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Delle “Obliques Strategies”–  strategie oblique di Brian Eno e Peter Schmidt ho già parlato tante volte ma una in più credo non guasti.

Se stiamo pensando ad un progetto, mentre cerchiamo di realizzare un’idea, o stiamo esprimendo la nostra creatività in un campo qualsiasi, capitano momenti in cui ognuno di noi non sa più che pesci prendere.A volte non solo non abbiamo risposte, ma qualche volta non riusciamo nemmeno a formulare le domande, oppure sono domande così banali da meritare solo risposte ovvie.

In questi momenti è fondamentale cambiare completamente lo scenario, uscire dalle logiche e dalle regole preconfezionate che sono sì belle comode ma finiscono per portarci sempre ai soliti risultati.

Facile a dirsi, più complicato a farsi.

In un momento così  possono venirci in soccorso  le “strategie oblique” di Eno e Schmidt per sturare la nostra mente intasata.

Per farsi un’idea di cosa sono date un’occhiata qui e se vi piacciono compratele.
Sentite bene, non si tratta di prenderle alla lettera, ma di lasciarsi ispirare…
Intanto prendo qualche carta a caso… e speriamo bene!

Ecco:

1 – Abbiamo bisogno di buchi?
I buchi si possono mettere dappertutto, si può bucare un oggetto, lasciare uno spazio, chiedersi se sono proprio necessari quelli che abbiamo fatto col trapano o… con l’immaginazione…

2 – Scopri le tue formule e abbandonale.
Basta con il solito formato quadrato! Landscape, landscape, landscape…

3 – Osserva l’ordine in cui fai le cose.
Cominciamo col scegliere un materiale mai usato prima…

4 – Sii stravagante.
Accidenti! Pensavo già di esserlo fin troppo!
Ok! In copertina metterò un pesce verde… qualunque sia il tema.

5 – Onora il tuo errore come un’intenzione nascosta.
Se il post non vi piace sappiate che lo stavo cancellando… ma poi ho letto questa!

6 – Pensa alla radio.
La radio? La scatola con la musica, le interferenze, i canali, la libertà di cambiare, di spegnere…

7 – Il principio della contraddizione.
L’elogio della semplicità scritto con caratteri Scratchy

8 – Usa persone “non qualificate”.
Le foto del mio prossimo profilo le faccio scattare a mio figlio di 6 anni.

9 – Cosa farebbe il tuo amico più caro?
Urca! Pignolo com’è per prima cosa cercherebbe un righello o un dizionario.

10 – Sei un ingegnere.
No! Impossibile… passo alla carta successiva!

11 – Accentua i difetti.
Questo post è troppo lungo… vabbè…   toccherà sorbirvelo ancora.
Le gambe di quel letto mi sembrano troppo corte? Le tolgo del tutto.

12 – Lavora ad una velocità diversa.
Provo a dilatare i tempi… oppure vado a scrivere sul Frecciarossa.

13 – Domanda al tuo corpo.
Ergonomia, ergonomia… ma anche sensualità, forza, morbidezza.
Se disegnate un tavolo mi raccomando, l’altezza è sempre 72 cm eh!

14 – Rendi ciò che è perfetto più umano.
La perfezione è il peggior difetto che esista perciò il tavolo di prima lasciamolo a 72 cm che va benissimo ma rendiamo ancora più irregolare la sua superficie e che nessuno dei suoi quattro lati sia uguale all’altro.
Ah! Se trovate errori in giro… era per rendere questo testo più umano!

15 – Non cambiare nulla e continua con compattezza immacolata.
Qualsiasi sia il lavoro andiamo avanti a testa bassa!
Oppure rendiamo tutto compatto e bianco.
Oppure ancora, guardiamo al nostro lavoro con sguardo ingenuo.

16 – Ascolta la voce quieta.
Tiriamo fuori il nostro lato contemplativo, smussiamo i toni…

17 – Usa una vecchia idea.
Qualcosa di simile l’abbiamo già fatto di sicuro.
Come me ora che scrivo ancora di strategie oblique!

18 – Cosa aumentare? Cosa ridurre?
Aumentiamo le quantità e riduciamo i costi… troppo ovvio!
Riduciamo le superfici e aumentiamo gli spessori.
Aumentiamo la dimensione del font e riduciamo il testo.
Riduciamo la curvatura e aumentiamo la trasparenza.

19 – Ci sono sezioni? Considera transizioni.
Il nostro lavoro è diviso in più parti? Layer, capitoli, paragrafi, partiture, materiali, componenti…
Proviamo tutte le relazioni possibili: interruzioni brusche, sfumature, dissolvenze, flashback, incastri, contaminazioni…

20 – Solo un elemento per ogni tipo.
Ogni riga un carattere diverso?
Ogni finestra una forma diversa.
Le gambe del solito tavolo alto 72, una barocca, una liberty, una country e l’altra blu.
Depliant fatto di pagine con carte diverse, formati diversi, grafiche diverse, e…

Non so se sono stato fortunato estraendo queste carte. Nelle altre 88 Strategie Oblique (nell’edizione del 2013 sono 106 + 2 di istruzioni) forse era nascosta qualche ispirazione più utile… chissà!

Semplice è difficile

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Essere semplici è difficile, così come scrivere ed esprimersi in modo semplice.
È difficile essere creativi e produrre idee ed oggetti semplici.
Sono convinto sia importante comunicare nel modo più diretto possibile pensieri che abbiano un significato cercando di evitare di spargere fuffa  e basta.

Anche progettare oggetti semplici è complicato.
Una poltrona, una lampada, un gioiello dalle forme incredibilmente lineari sarà sempre più affascinante di un oggetto inutilmente complicato.

Scrivere in modo semplice è faticoso perché bisogna aver fatto chiarezza su ciò di cui si vuole parlare ed è necessario informarsi sull’argomento. Bisogna scegliere le parole e la forma più adatta evitando periodi complicati e paroloni inutilmente altisonanti.
Scrivere in modo semplice non vuol dire essere banali.

Se infilo nel discorso un parolone vergognoso, una parolaccia inventata,  una forma strana e complicata, lo faccio consapevolmente. Mi serve per attirare l’attenzione, per far sorridere, per combattere la noia.
Non che ci riesca sempre. Nè a essere semplice né a non essere noioso.
Io ci provo. Magari in questo blog qualche volta mi lascio andare, sperimento e capita che scriva anche qualche sciocchezza.

Del resto scrivere in modo semplice è anche pericoloso perché così la gente si accorge se si rimesta la solita brodaglia e non ci si può nascondere dietro una nuvola di spezie che copra tutto.

Per progettare una seggiola, un vaso, o un tavolo la storia non è tanto diversa.
Essere semplici aiuta sempre. Perfino a disegnare delle cose apparentemente complicate.

Sono di quelli che preferiscono togliere, togliere e togliere fino ad avere superfici pulite, linee semplici da dove l’idea salta fuori subito.
Raggiunta una forma essenziale, tolte le  incrostazioni, qualche volta mi vien voglia di fare grafica, di appiccicarci un’invenzione, ma mi piace si percepisca questo desiderio di aggiungere, questa voglia di giocare e di stupire.

Non mi ricordo più quale filosofo dicesse… “Vi scrivo una lunga lettera perché non ho tempo di scriverne una breve”.
Non è tanto diverso quando si danno in pasto al pubblico oggetti complicati perché non c’era il tempo di renderli semplici.

Di questi tempi pieni di invenzioni vuote e di voli inconcludenti le aziende dovrebbero mirare alla semplicità, non alla vuota faciloneria, per distinguersi e farne motivo di vanto.

 

LA BELLEZZA DELL’IMPERFEZIONE

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Mai come in questi anni l’imperfezione è stata assunta come parametro di bellezza.
Certo possiamo ancora riferirci al termine imperfezione con la sua accezione  più banale di difetto, di scarsa qualità.
In questi nostri tempi invece “l’imperfezione” è diventata sinonimo di fattura manuale, di artigianalità, di materie naturali, di diversità… e quindi di grande qualità.
E’ l’imperfezione che aggiunge valore alle nostre realizzazioni con  i segni degli strumenti del lavoro, il disegno delle fibre, la texture delle superfici.
L’imperfezione distingue l’azione dell’uomo dal prodotto delle macchine.

Nell’artigianato questo è evidente, tanto che i manufatti artigianali mostrano orgogliosamente i segni che differenziano un pezzo dall’altro quasi fossero opere d’arte.
L’artigianato più raffinato mette in evidenza i difetti delle materie prime naturali, i segni caratteristici  di una qualità non riproducibile su larga scala.
Una bellezza per definizione fuori dagli schemi stantii della riproduzione meccanica, dell’omologazione, degli standard destinati a soddisfare il gusto appiattito delle masse .
Ecco allora legni grezzi , pellami segnati dalle cicatrici, pietre dalle inclusioni inaspettate, tessuti ritmati da trame irregolari, metalli che si vantano delle ossidazioni, ceramiche, argenti e vetri che portano impressa la sapienza delle mani.
Oggetti preziosi che il tempo e l’uso renderà ancora più belli ed eleganti.
Una nuova sensibilità alla bellezza della verità.

Una filosofia di vita che ci investe di una sensibilità nuova.
La capacità di apprezzare la luce degli occhi messi in risalto dall’ordito delle rughe e le forme imperfette di corpi con una storia unica.
Finalmente, uomini o donne, sappiamo sempre più apprezzarci per ciò che siamo fuggendo le sirene siliconate dell’eterna giovinezza, tanto più dopo aver incontrato le mostruosità che certe assurde voglie producono.

Perfino la fotografia ora sta in bilico tra il farsi vanto di tutte  le distorsioni possibili, pensiamo a tutti i filtri pacioccosi di Instagram, e la possibilità di immagini così perfette da dare proprio per questo il senso della massima imperfezione: il fotografo artigiano delle luci, della messa in scena e di Photoshop.

La fotografia ha perso la funzione seriosa di tramandarci ai posteri ed è diventata un giocattolo divertente dove fare le boccacce e il nostro block notes per appunti volanti. Della perfezione non ci interessa più nulla.

Immagini mosse e volutamente slavate o dai colori improbabili. Rigature, effetti strani, sfocature e vignettature…
Teniamo in mano tutto il giorno il nostro telefonino ipertecnologico, il tablet e a poco a poco stiamo sostituendo i libri con i nostri ebook reader effetto inchiostro ma poi cerchiamo l’odore della carta ingiallita, il segno morbido della matita che appunta i pensieri a bordo pagina.

Inutile cercare giustificazioni, i nostri sensi persi nel deserto della perfezione delle macchine ci chiedono superfici vissute da toccare, immagini dense di segni da guardare, suoni rauchi carichi di emozioni da sentire, cibi dai sapori ogni volta nuovi che sappiano della terra da cui sono venuti.
I segni spesso impercettibili dell’imperfezione rendono la nostra esperienza quotidiana assolutamente personale.
L’imperfezione è bellezza!

Le due anime della creatività

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Avete una personalità creativa?
Annamaria  Testa ci scrive su Nuovo e Utile citando studi interessanti che mettono in fila  le caratteristiche  che distinguono quelli più creativi da quelli meno.
Prendiamo le 10 doti/difetti che individuano i creativi secondo uno di questi studi. (quello di Fast Company  che  utilizza le ricerche di Mihaly Csikszentmihalyi – si pronuncia più o meno Cisemihàli) e guardiamoli assieme:

1) Grande energia fisica ma propensione alla quiete e al riposo.

2) Acutezza e candore.

3) Giocosità e disciplina, responsabilità e irresponsabilità.

4) Immaginazione e fantasia alternate a un radicato senso della realtà.

5) Estroversione e introversione, simultaneamente

6) Compresenza di umiltà e orgoglio

7) Tendenza a uscire dagli stereotipi di genere (uomini più femminili,  donne più maschili)

8) Conservazione (nel senso del radicamento in una cultura) e ribellione.

9) passione e contemporanea obiettività sul proprio lavoro

10) Apertura e sensibilità, che generano molta pena e molta gioia.

Ecco! La cosa  fondamentale, si direbbe, è che per essere creativi davvero si dovrebbe essere angeli e demoni contemporaneamente.
Mi piace molto questa cosa.
E’ bello sapere che qualcuno dopo studi approfonditi su campioni significativi sia giunto alla conclusione che le persone più creative soffrono e gioiscono di più perché sono più sensibili.
Le persone più creative sono mosse dalla passione e nonostante ciò cercano di essere obiettive per dare giudizi severi innanzitutto sul proprio lavoro.
E’ gente che ama  il proprio paese, le tradizioni, i propri spazi, la propria cultura ma che vorrebbe trasformarli continuamente e non ha paura di innovare.
Sono uomini che accarezzano la propria  femminilità e donne capaci di affermare la propria mascolinità.
Sono orgogliosi del proprio lavoro, delle proprie creazioni, persone che guardano con umiltà a quanta strada c’è ancora da fare a che poca cosa sia in fondo quello che hanno fatto rispetto ai maestri, rispetto a quello che si può ancora fare.
Sono introversi e riflessivi, per lo più timidi, gente che esplode nel creare e nel comunicare.
Sono quelli che sanno  trovare le soluzioni più fantasiose e le sanno applicare alla realtà, quelli che usano l’immaginazione per trasformare le cose concretamente.
E’ bello pensare che l’energia della creatività possa essere un quieto fluire tra gioco e rigore, un triplo salto mortale tra l’acutezza del ragionamento e il candore della sorpresa:

Ho l’impressione che tutti abbiamo questo mix esplosivo dentro.
Chi si è abituato a convivere con le sue due anime, con le proprie contraddizioni, con la possibilità di essere ora molto felice e poi molto triste. Gli altri che hanno cancellato  il lato più debole della propria personalità e hanno gonfiato quello più forte così da essere più sicuri e più tranquilli.
Sarebbe bellissimo saper apprezzare i lati positivi di ciascuno, fantasia e concretezza, capacità di immaginare e di creare senza giocare inutilmente a chi è più bravo.

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