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CREATIVITA’ E PERFEZIONISMO PATOLOGICO

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Il perfezionismo patologico puó essere il peggiore dei mali per un creativo. Blocca, ingessa, distrugge.

Chiunque produca qualcosa di creativo, nel lavoro delle imprese, nell’artigianato, nel lavoro dei campi o in officina, preparando cibi speciali, vini naturali e abiti splendidi o solo divertenti e ancor di più chi fa della creatività tout court il suo lavoro, tutti sappiamo che spaccare il capello in quattro è da stupidi!
Non che fare le cose per bene sia sbagliato. Anzi! In mezzo ad un mare di pressappochismo un po’ di determinazione a cercare il risultato migliore possibile fa la differenza.
Ma appunto, fare il meglio possibile.
Non inseguire la perfezione assoluta.
Se sto disegnando una sedia é normale che sotto sotto ho voglia di disegnare la sedia più bella del mondo, quella più semplice da costruire, che costi niente e sembri fatta d’oro. Sciocchezze!
Mi scorrono davanti tutte le sedie piú belle del mondo: la Superleggera di Ponti, la Plia di Piretti, quelle della Castelli per Kartel, e via così passando per Stam, Breuer, Mies, Le Corbusier, Rietveld…
Per fortuna non mi capita più di imbambolarmi a pensare a tutte le meraviglie inarrivabili del design del novecento. Sono guarito dal perfezionismo patologico. Forse è normale lasciarsi intrappolare a vent’anni ma poi passa.
La fregatura più grossa è aver sempre paura di sbagliare visto che senza sbagliare non si fa un passo oltre il proprio naso e non si produce niente di nuovo.
Il tempo è la medicina contro il perfezionismo patologico.
Tempo per fare esperienza, per crescere, per conoscersi, per limitare la presunzione.
Il Tempo che pone il limite da rispettare oltre il quale non si può andare.
Il toccasana per la creativitá sono i tempi ben definiti, le scadenze, i clienti incalzanti che definiscono i limiti.
Troppo spesso il meglio é nemico del bene! Senza porsi limiti di tempo si finisce per pretendere di far sempre meglio e non si fa mai niente.
La creativitá ha bisogno di scadenze precise, di lavoro notturno, se necessario di ansia. La creatività ha bisogno di esercizi conclusi, di opere finite, abbandonate al giudizio del pubblico per andare oltre e ricominciare con qualcosa di nuovo.

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